In materia di regolamento sull’orario e sulle condizioni lavorative, l’Unione Europea pronuncia due direttive, la 104/1993 e la 34/2000, con l’intenzione di unificare i propri membri sotto un‘adeguata redistribuzione del lavoro e una giusta interpretazione del diritto del lavoro. L‘Italia ha ratificato tali direttive ad aprile del 2003 con il Decreto legislativo 66/2003 “Riforma della disciplina in materia di orario di lavoro in attuazione delle direttive 93/104/Ce e 2000/34/Ce“.
Tale Decreto si pone a risposta della maggior parte delle nostre domande in merito ai viaggi d’affari e la conseguente definizione dell’orario lavorativo in essi.
In primis, vediamo cosa viene considerato come orario di lavoro in generale dal nostro sistema legislativo e di conseguenza cosa dovrebbe essere incluso nel conteggio delle ore lavorative durante un viaggio di affari.
L’articolo 3 del decreto legislativo di cui sopra stipula la durata normale dell’orario di lavoro alle 40 ore settimanali portate a un massimo di 48 ore in 7 giorni, con l‘inclusione degli straordinari. Di seguito, in esso si definisce l’orario di lavoro come il periodo in cui il lavoratore è, nell’esercizio delle sue funzioni, a disposizione del datore di lavoro.
Per definire un periodo di tempo come facente parte dell’orario di lavoro, bisogna che coesistano 3 elementi:
- Il prestatore deve essere a lavoro presso la propria sede
- Il lavoratore deve essere a disposizione del datore di lavoro
- Il lavoratore deve essere nell’esercizio delle sue attività/funzioni
A fini esplicativi è fondamentale il concetto di luogo della prestazione lavorativa. Questo è normalmente specificato nel contratto di lavoro subordinato e si identifica con il luogo fisso in cui il lavoratore presta i propri servizi.
Tuttavia, può essere richiesta la prestazione di funzioni lavorative itineranti o in luoghi diversi da quello stipulato nel contratto d’assunzione, ovvero in trasferta. In tali casi, il datore di lavoro dovrà avvalersi delle direttive vigenti e valutare qualora ci fosse la necessità di erogare trattamenti economici straordinari. In quali casi vanno dunque erogati compensi straordinari? E in quali invece le ore impiegate al di fuori della sede lavorativa sono assorbite dal conteggio delle ore lavorative prestabilite? O non calcolabili affatto?
Ci sono molti fattori determinanti nel definire se un dipendente debba o meno essere compensato per le ore di viaggio durante un viaggio d’affari. Questi fattori includono la legislazione, i termini del contratto e i contratti di lavoro. Anche se può sembrare ingiusto che i lavoratori non siano abitualmente compensati per le ore di viaggio durante i viaggi d'affari che intraprendono su richiesta dell'azienda, spesso è la norma.
Normalmente, in base al principio di funzionalità, non si delineano come riconducibili all’orario di lavoro e dunque retribuibili, tutte quelle attività preparatorie, volte allo svolgimento dell’attività lavorativa, effettuate quando il lavoratore non è soggetto al potere direttivo del datore di lavoro e gode di una certa autonomia.
Inoltre, l’articolo 8.3 del Decreto lgsl. 66/2003 non contempla come lavoro il tempo impiegato per recarsi in ufficio o nella sede di prestazione delle funzioni lavorative. Dunque, tali spostamenti non sono da sommarsi all’orario di lavoro.