Conto economico: come si fa?

Come specificato nel nostro articolo “Che cos‘è il conto economico”, a cui rimandiamo per una visione d’insieme dello schema di redazione, il conto economico, regolato principalmente nel Codice civile agli articoli 2423 e 2425, è parte integrante del bilancio.

Esso consta di quattro macrocategorie, che sono:

  1. Valore della produzione
  2. Costi della produzione
  3. Proventi e oneri finanziari
  4. Rettifiche di valore di attività e passività finanziarie

Ciascuna di queste categorie è suddivisa a propria volta in sottocategorie, contrassegnate da numeri arabi e lettere minuscole. Nonostante questo documento abbia natura civilistica, in realtà fornisce importanti indicazioni gestionali, distinguendo la gestione aziendale in gestione ordinaria (con ricavi al punto A e costi al punto B), finanziaria (indicando i costi delle fonti di finanziamento nella macroclasse C) e fiscale (indicando la quota di profitto assorbita dalle imposte sul reddito).

Addentriamoci ora un po’ più nello specifico, analizzando le singole voci.

Valore della produzione

Il punto A, ovvero il valore della produzione, indica ciò che è prodotto dall’impresa nel corso di un esercizio. Che si tratti di incrementi di valore di prodotti o semilavorati in corso di produzione o prestazioni di servizio in corso, di ricavi dalla vendita di prodotti o servizi o dell’incremento di valore delle immobilizzazioni grazie a mezzi propri, tutti questi fattori eterogenei si sommano.

Le imprese acquistano dall’esterno materie prime, know-how, materiali di consumo, per poi trasformarli in beni o servizi che offriranno alla propria clientela.

Nel valore della produzione si tratta di stimare il valore contabile dei prodotti dell’impresa, che siano stati venduti o meno. Nel caso in cui siano stati venduti si calcola il prezzo di vendita, altrimenti il costo.

Il valore della produzione si suddivide a propria volta in 5 punti:

  1. Ricavi delle vendite e delle prestazioni, che appunto consistono negli utili dovuti alla vendita di prodotti o servizi. Questi valori devono figurare al netto di abbuoni, sconti o simili.
  2. Variazione delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti. Qui viene calcolata la differenza tra le rimanenze alla fine del corrente esercizio e quelle dell’esercizio precedente. Vengono però considerati soltanto i prodotti per i quali l’impresa ha effettuato un’attività di trasformazione, cioè prodotti finiti, semilavorati o in corso di lavorazione. Le rimanenze di materie prime ne sono pertanto escluse. Questa voce può di conseguenza dare come risultato sia un valore positivo, quando le rimanenze attuali sono maggiori, significando che l’azienda ha prodotto più di quanto abbia venduto (aumentando le riserve in magazzino), sia negativo, testimoniando quindi che sono stati venduti prodotti che erano rimasti in magazzino.
  3. Variazioni dei lavori in corso su ordinazione. Si tratta dello stesso concetto del punto 2, soltanto che la trasformazione non ha luogo direttamente in azienda ma su commissione.
  4. Incrementi di immobilizzazioni per lavori interni. Ci si riferisce ad investimenti ammortizzabili in cui le attrezzature e la manodopera già disponibili per le consuete attività produttive vengono utilizzate per produrre altro.
  5. Altri ricavi e proventi, cioè appunto i proventi che non rientrano nei precedenti quattro punti come ad esempio le royalties.

Costi della produzione

Il punto B, invece, non è più focalizzato sui ricavi ma sui costi, in particolare sugli acquisti, le prestazioni di servizio ricevute, il costo del personale, le svalutazioni, gli accantonamenti e la diminuzione delle scorte. In pratica si tratta di tutte le risorse utilizzate durante l’esercizio per produrre gli elementi analizzati alla voce A. Nello specifico sono suddivisi in:

  1. Costi per materie prime, sussidiarie, di consumo e merci.
  2. Costi per servizi: si può trattare di servizi industriali come ad esempio manutenzioni o lavorazioni esterne, o amministrativi, quando riguardano consulenze fiscali o finanziarie. Ma sono incluse anche la ricerca di risorse umane, il settore commerciale per tutta la parte di pubblicità, l’organizzazione di eventi, le ricerche di mercato e infine i servizi tecnici interni come gli impianti dell’azienda, la mensa, la vigilanza ecc.
  3. Costi per il godimento di beni di terzi: si riferisce all’utilizzo da parte dell’impresa di beni non di proprietà, ad esempio quando si affittano macchinari, auto, locali, hardware, ecc.
  4. Costi del personale che a propria volta si suddividono in:
  1. Salari e stipendi
  2. Oneri sociali
  3. Trattamento di fine rapporto
  4. Trattamento di quiescenza e simili
  5. Altri costi
  1. Ammortamenti e svalutazioni: mentre gli ammortamenti riguardano più che altro la parte di investimento attribuita all’esercizio per la quota consumata nella produzione dei beni e servizi da vendere, le svalutazioni si riferiscono sempre al consumo delle immobilizzazioni, ma riguardano i casi in cui detto consumo è dovuto a fattori esterni come l’abbandono della produzione, l’andamento del mercato, ecc. Questa categoria si suddivide a propria volta in:
  1. Ammortamenti delle immobilizzazioni immateriali
  2. Ammortamenti delle immobilizzazioni materiali
  3. Altre svalutazioni delle immobilizzazioni
  4. Svalutazione dei crediti compresi nell’attivo circolante e delle disponibilità liquide
  1. Variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci: analizza la differenza tra il valore contabile delle rimanenze dell’esercizio precedente e di quello alla fine dell’esercizio. Questa voce può pertanto consistere di valori positivi o negativi, a seconda che l’impresa abbia consumato più materiali di quelli che abbia ricomprato oppure se abbia comprato più di quanto abbia consumato.
  2. Accantonamento per rischi: le voci di costo di conto economico che non possono essere iscritte nelle classi B, C e D vanno inserite negli accantonamenti per fondi rischi. Si può trattare di accontamenti a fondi rischi per cause in corso, per crediti ceduti o per garanzie prestate a terzi.
  3. Altri accantonamenti: anche qui si tratta di voci di costo di conto economico che non possono essere iscritte nelle voci B, C e D, e che non riguardano rischi. Possono essere accantonamenti per manutenzioni ordinarie, recupero ambientale, garanzia prodotti, e così via.
  4. Oneri diversi di gestione: sono altri costi di gestione non ascrivibili alle voci precedenti. Si fa riferimento ad esempio a minusvalenze di natura non finanziaria, sopravvenienze e insussistenze passive, imposte indirette, tasse e contributi, nonché a costi e oneri di natura non finanziaria.

Proventi e oneri finanziari

La voce C riguarda i proventi che derivano da partecipazioni in società, consorzi, joint venture, depositi bancari e via dicendo, nonché i costi dei debiti contratti dall’azienda durante l’esercizio. Si suddivide nelle seguenti voci:

  1. Proventi da partecipazioni.
  2. Altri proventi finanziari, in particolare:
  1. Crediti iscritti nelle immobilizzazioni da imprese controllate, collegate o altro.
  2. Titoli iscritti nelle immobilizzazioni che non costituiscono partecipazioni: in questa voce sono inclusi ad esempio gli interessi attivi maturati su titoli immobilizzati o i ricavi derivanti dalla negoziazione di titoli prima della scadenza naturale.
  3. Titoli iscritti nell’attivo circolante che non costituiscono partecipazioni: sono appunto i proventi da titoli non immobilizzati, come interessi attivi su titoli non immobilizzati o utili che derivano dalla negoziazione di titoli non immobilizzati, e altri.
  4. Proventi diversi dai precedenti, come interessi maturati su crediti iscritti nell’attivo circolante o interessi attivi su conti bancari
  1. Interessi e altri oneri finanziari: questa voce riguarda i costi delle fonti di finanziamento, come gli interessi bancari passivi o gli interessi sui mutui.
  2. Utili e perdite su cambi, che vanno indicati sia se realizzati nel corso dell’esercizio sia se derivano dalla variazione dei cambi. Questa voce può avere valori sia positivi che negativi.

Rettifiche di valore di attività e passività finanziarie

Quando si tratta di investimenti e operazioni di natura finanziaria, bisogna tenere conto che i valori possono subire modifiche. L’utile derivante da un incremento di valore del proprio investimento viene chiamato rivalutazione, mentre la perdita dovuta alla diminuzione di valore prende il nome di svalutazione.

  1. Rivalutazioni (di partecipazioni, nonché di immobilizzazioni finanziarie e di titoli iscritti nell’attivo circolante che non costituiscono partecipazioni).
  2. Svalutazioni (di partecipazioni, nonché di immobilizzazioni finanziarie e di titoli iscritti nell’attivo circolante che non costituiscono partecipazioni).

Infine rimangono le ultime due voci:

  1. Imposte sul reddito dell’esercizio correnti, differite e anticipate. Questa voce riguarda le imposte dirette dell’esercizio a cui si riferisce il bilancio e degli esercizi precedenti. Si suddivide perciò in imposte correnti (sul reddito nonché sanzioni pecuniarie ed interessi ad esempio nel caso di ritardato versamento di acconti), in imposte relative ad esercizi precedenti, imposte differite e anticipate e proventi da consolidato fiscale.
  2. Utile (perdite) dell’esercizio.

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Modalità di calcolo del conto economico

Dopo aver fornito un primo sguardo alle voci che compongono il conto economico, procediamo ora alle modalità con cui viene calcolato.

Innanzitutto occorre procedere con la somma dei totali in questo modo:

  • Somma totale delle voci da 1 a 5 dei ricavi di cui alla voce A.
  • Somma totale delle voci da 6 a 14 dei costi di cui alla voce B.

A questo punto occorre effettuare la differenza A – B, che consiste quindi nel sottrarre i costi ai ricavi. Ovviamente questa voce può risultare positiva o negativa a seconda che i ricavi superino o meno i costi.

  • Il totale della voce C consiste nella seguente somma algebrica: 15 + 16 – 17 ± 17 bis
  • Per quanto riguarda la voce D occorre effettuare la differenza 18 – 19.

A questo punto si può procedere a calcolare il risultato prima delle imposte, secondo la seguente formula:

A – B ± C ± D

Infine il punto 20 riguarda le imposte e permette di calcolare il punto 21, cioè il calcolo finale dell’utile (o perdita) dell’esercizio (R):

A – B ± C ± D – I = R

Vi preghiamo di osservare la nota legale relativa a questo articolo.

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