In Italia è stato istituito nel 1999 il Comitato per la Corporate Governance delle società quotate che ha redatto, nello stesso anno, la prima versione del Codice di Autodisciplina, chiamato anche Codice Preda. Tale Codice è un insieme di regole di comportamento che vanno ad aggiungersi alle norme, agli obblighi e alle sanzioni sancite dalle disposizioni normative, come il Codice Civile, il TUF e i regolamenti della CONSOB.
Il Codice di Autodisciplina è suddiviso in 10 sezioni:
- Ruolo del consiglio di amministrazione
- Composizione del consiglio di amministrazione
- Amministratori indipendenti
- Istituzione e fondamento dei comitati interni al consiglio di amministrazione
- Nomina degli amministratori
- Remunerazione degli amministratori
- Sistema di controllo interno e gestione dei rischi
- Sindaci
- Rapporti con gli azionisti
- Sistemi di amministrazione e controllo dualistico e monistico
L’adesione al Codice di Autodisciplina è facoltativa e comporta soltanto l’obbligo di spiegare il motivo di eventuali scostamenti. Esso codifica una serie di principi di best practice che dovrebbero aiutare a rendere le regole di corporate governance italiane più comparabili con quelle internazionali, sviluppando un sistema che ispiri maggiore fiducia nei soggetti stranieri.
Oltre ai codici e alle normative nazionali esiste anche un quadro legislativo internazionale. Nell’Unione europea vigono, ad esempio, diverse direttive e normative. Il diritto societario europeo definisce un codice di corporate governance per le banche e le imprese di investimento.
Anche l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) ha stabilito una serie di principi di governo societario. I principi dell’OCSE sono stati pubblicati per la prima volta nel 1999 e aggiornati nel 2015. I principi mirano a sostenere l’efficienza economica, la crescita sostenibile e la stabilità finanziaria, nonché il trattamento equo degli azionisti e delle parti interessate.
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