Da un punto vista meramente aziendale, la dichiarazione di una compliance ha soprattutto dei motivi strategici: proprio come le persone naturali, anche le aziende, in qualità di persone giuridiche, devono rispettare le leggi nazionali e internazionali. In Italia questo principio è regolato nella legge 24 novembre 1981, n. 689 sull'illecito amministrativo, che prevede una sanzione pecuniaria nel caso in cui venga violata una norma giuridica.
Quindi, se non vengono intraprese le rispettive contromisure, i coinvolti corrono il rischio di essere sanzionati con multe, rimborso dei profitti o persino con una pena detentiva. A ciò si aggiungono fattori esterni e interni così come ulteriori costi che possono subentrare per l’azienda colpevole, ad esempio conseguenze sul piano personale o richieste di risarcimento danni da parte di clienti e partner commerciali. Tuttavia queste sanzioni non si limitano a una singola azienda, ma possono danneggiare l'intero gruppo industriale. In questo caso anche un'assicurazione non offre tutele al riguardo.
La questione principale della compliance è quindi quella di evitare un comportamento soggetto a sanzioni o identificarlo in fretta e reagire di conseguenza per minimizzare i rischi economici. Non è possibile evitare infrazioni alle norme fatte deliberatamente, ma la presenza di misure di una compliance aziendale può portare a una riduzione di responsabilità per i dirigenti. Varia però a seconda dei casi la possibilità di diminuire la sanzione in presenza di un sistema di controllo interno all'azienda.
Un esempio famoso di infrazione della compliance è lo scandalo dei gas che da settembre 2015 ha tenuto impegnati i media, le industrie del settore e il dibattito politico: l'azienda tedesca Volkswagen AG ha autorizzato una manipolazione nelle autovetture diesel prodotte a partire da gennaio 2013 che hanno alterato i valori di ossido d'azoto e ha aggirato così le norme vigenti sui gas di scarico, un'infrazione della legge fatta consapevolmente dal management dell’azienda.
Da allora il gruppo è continuamente sotto i riflettori ed esposto ai giudizi dell’opinione pubblica: l'amministratore delegato Martin Winterkorn si è dimesso e rischia 25 anni di detenzione; la politica è diventata più severa nel controllare i produttori di autovetture e l'industria automobilistica si trova di conseguenza in una grave crisi, mentre sono in corso diversi procedimenti istruttori penali e civili.
Da settembre 2018 è iniziato il maxi processo per la richiesta di un risarcimento danni da parte degli azionisti, che potrebbe costare alla Volkswagen 9 miliardi di euro, se non di più.