Plusvalenza: significato del concetto

Il concetto di plusvalenza, come indica il termine, indica un aumento di valore, associato ad un titolo o ad un immobile. Di per sé non costituisce quindi un reddito, anche se potrebbe comportare un’entrata. Come viene trattata la plusvalenza? Dà luogo ad una tassazione? Va espressa nel bilancio? In questo articolo ci confronteremo con queste domande.

Cos’è la plusvalenza?

Definizione

Plusvalenza: il concetto di plusvalenza in economia si riferisce all’utile derivato dalla vendita di un titolo o immobile che è aumentato di valore rispetto al momento dell’acquisto. La differenza positiva tra il prezzo di acquisto e quello di vendita è appunto la plusvalenza.

Poniamo ad esempio il caso di avere acquistato mille azioni dal costo unitario di 1 euro. Se dopo 10 anni le stesse azioni valgono 2 euro, significa che il valore delle mie azioni è passato da 1.000 a 2.000 euro. Questa plusvalenza, per il momento, è latente, nel senso che non si è ancora tradotta materialmente in un aumento del mio capitale, almeno fintanto che io non venda tali azioni. Di fatto, il valore potrebbe precipitare da un momento all’altro, annullando la plusvalenza o addirittura portando ad una minusvalenza, che appunto si verifica quando il valore di acquisto è maggiore del valore di mercato.

Per questo motivo non si può basare un bilancio su una plusvalenza latente, perché non essendo ancora un’entrata effettiva, potrebbe portare in futuro ad insolvenze, in quanto il valore di mercato è, come accennato, fluttuante, e potrebbe salire come scendere. Come risulta chiaro, la differenza è tra i valori economici e quelli finanziari, che non sempre risultano coincidenti.

Si passa dalla plusvalenza latente alla plusvalenza vera e propria nel momento in cui la differenza positiva viene invece realizzata. Poniamo il caso di aver acquistato un appartamento per 500.000 euro, e di rivenderlo dopo qualche anno ad 800.000. La differenza positiva realizzata è la plusvalenza. Essendosi essa a questo punto tradotta in una vera e propria entrata, è normalmente anche soggetta a tassazione.

Quando la plusvalenza è soggetta a tassazione? E a quali tipi di tassazione è soggetta?

Come accennato, finché la plusvalenza è latente, dovuta perciò alla differenza tra valore di libro e di mercato, o di acquisto e di mercato, ma non realizzata, non si può considerare a bilancio, in quanto si tratta di valori fluttuanti.

Invece quando la plusvalenza viene realizzata, dando luogo ad un’entrata, viene solitamente sottoposta a tassazione. Ciò avviene soprattutto in campo finanziario (anche se in casi specifici la plusvalenza può essere esente da imposte), quando si vendono azioni a valori maggiori rispetto a quelli di acquisto. Tuttavia a volte la plusvalenza non è soggetta a tassazione, soprattutto quando si tratta di immobili: ad esempio se l’immobile consiste nell’abitazione principale del proprietario o di un familiare, la possibile plusvalenza non viene tassata. Se invece l’immobile viene rivenduto entro 5 anni e non costituisce abitazione principale del proprietario per la maggior parte del periodo di possesso, allora la tassazione si applica. Per quanto riguarda le successioni, se l’immobile acquisito tramite successione viene in seguito rivenduto, non si applicano tassazioni sulla plusvalenza.

N.B.

Se prodotte dalla cessione di partecipazioni qualificate, le plusvalenze vanno anche a formare la base imponibile ai fini Irpef.

A quanto ammontano le imposte delle plusvalenze?

La percentuale di tassazione per le plusvalenze di natura finanziaria può variare: più bassa se si tratta di compravendita di titoli di stato (poco più del 10%), decisamente più alta (quasi 30%) in tutti gli altri casi. Tuttavia le plusvalenze si possono anche compensare con le succitate minusvalenze, che si verificano nel momento in cui i titoli o immobili di cui si è proprietari subiscano una diminuzione di valore di mercato. Bisogna tenere però presente che le minusvalenze possono bilanciare le plusvalenze soltanto in un dato arco temporale e a precise condizioni. Le minusvalenze, infatti, devono essere pregresse: il che significa che non si può compensare una plusvalenza con una successiva minusvalenza. Inoltre, la minusvalenza può compensare soltanto plusvalenze generate entro quattro anni dalla minusvalenza stessa. Dopodiché non potrà più essere utilizzata per controbilanciare plusvalenze.

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