Tutti questi beni offrono all’azienda la propria utilità nel corso di diversi esercizi e anni, al contrario dei costi di esercizio. Si tratta dunque di beni pluriennali che rimangono all’interno del ciclo di lavorazione per un periodo di tempo medio-lungo, pertanto sono da iscrivere all’attivo dello stato patrimoniale, tra le immobilizzazioni. Il principio alla base che definisce il motivo di tale disposizione è il ciclo di reintegro finanziario degli investimenti, secondo cui si effettua un calcolo del tempo necessario a un investimento perché frutti denaro.
Per esempio un’azienda ha bisogno di un periodo più ampio di un solo esercizio (della durata di 12 mesi) perché un impianto dia i suoi profitti, generando ricavi che permettano di ripagare l’impianto stesso. In parole povere: se la vostra azienda acquista un bene per 10.000 euro nell’anno X, potrà ammortizzarne il costo anche negli successivi in cui ancora si usufruisce del suddetto bene, alleggerendo il carico di costi per l’anno X. Si tratta dunque di un principio di distribuzione dei costi che ha l’intenzione di dare più respiro agli anni contabili in cui si effettuano investimenti in beni strumentali.
Dunque, al fine di ripartire il costo dei beni strumentali si utilizza, per l’appunto, la procedura dell’ammortamento. Ogni azienda è obbligata a tenere il cosiddetto “registro dei cespiti”, dove devono essere annotate tutte le informazioni fondamentali riguardo ai beni strumentali acquistati come costo di acquisto, valori annuali di ammortamento, eventuale demolizione o cessione a terzi.