L'insoddisfazione generale dei lavoratori italiani dà un'idea di quanto l'equilibrio vita-lavoro sia ancora un'illusione nel nostro paese. Tuttavia nel mondo del lavoro si sta notando un lento cambiamento: sempre più aziende sono disponibili ad adottare un sano work life balance e lo promuovono miratamente.
Ciò che oggi è certo è che tutte le parti in causa possono beneficiare di un buon equilibrio tra lavoro e vita privata. Tuttavia la nostra società orientata alla performance troppo spesso ignora l'importanza del principio del "dipendente felice", che è tuttora motivo di confusione e scetticismo tra alcuni livelli manageriali. Questa reazione è dovuta alla filosofia della concorrenza, in cui ogni ruota del meccanismo aziendale deve funzionare per garantire un’elevata competitività, soprattutto in considerazione della carenza di lavoratori qualificati e dello sviluppo demografico.
Ciò che però spesso non si comprende è che i dipendenti non sono macchine che lavorano ininterrottamente durante il giorno e che ricaricano le batterie di sera a casa. Nella maggior parte dei casi le persone lavorano per poter vivere, e non viceversa.
Un sano atteggiamento verso il work life balance parte innanzitutto dal datore di lavoro, che non deve ritenersi la massima autorità nella vita dei propri dipendenti, bensì un compagno affidabile che rende possibile una vita dignitosa. Tendenzialmente le aziende a questo proposito camminano sul filo del rasoio: i livelli dirigenziali hanno ancora difficoltà a trovare il giusto equilibrio tra le misure di miglioramento della vita e il rigore sul posto di lavoro.
Le domande che spesso si pongono i datori di lavoro sono: quanta libertà posso dare ai miei dipendenti? Quanta disciplina devo esigere? Secondo la convinzione che troppa libertà porti all'indisciplina e alla negligenza, le aziende con un’atmosfera troppo rilassata correrebbero il rischio che i dipendenti sfruttino troppo la generosità del proprio datore di lavoro.
In ultima analisi anche il dipendente è responsabile in ugual misura di un buon equilibrio tra lavoro e vita privata. Del resto si parla di un equilibrio e non di una minore importanza del lavoro a favore di uno stile di vita più rilassato.
Dall'altro lato si trovano aziende le cui dinamiche di lavoro hanno un impatto troppo negativo sulla vita privata e familiare dei propri dipendenti esigendo straordinari, ovvero lasciando meno tempo libero ai dipendenti, ed esercitando pressione sul posto di lavoro, ossia provocando stati d'animo depressivi anche fuori dall'ufficio. In questi casi il lavoro diventa talmente onnipresente da aleggiare come uno spettro persino nella vita privata.
Sovraccarico di lavoro, depressione e sindrome da burnout sono le conseguenze frequenti di un sistema economico in cui la crescita è ancora la massima comune di base mentre la felicità personale è una questione del tutto individuale. In questo senso entra in gioco il concetto di work life balance con l’intenzione di intervenire in modo decisivo per sovvertire questo sistema.
Un forte peso in questo equilibrio è occupato anche dalla famiglia, che nelle circostanze del mondo del lavoro moderno rischia di diventare un semplice fenomeno collaterale di una carriera di successo. Le aziende hanno la responsabilità di rendere possibile una vita familiare sana. Dopotutto per molti dipendenti la famiglia è il supporto più importante per una vita felice. Se però viene trascurato a favore della vita professionale, l'intero work life balance rischia di crollare.