Generalmente quando si parla di onboarding si intende l'inclusione dei nuovi dipendenti nell'azienda e nella relativa cultura aziendale. Invece, l'onboarding due diligence si riferisce ai partner commerciali, che possono essere clienti (Client Onboarding) o fornitori (Distributor Onboarding).
La differenza tra Client Onboarding (chiamata anche verifica know your client) è che non è il cliente ad analizzare i rischi di un oggetto della trattativa, ma è il venditore a verificare il cliente. Ciò non riguarda solo la sua solvibilità, ma anche la legittimità delle sue risorse finanziarie. I rapporti con i dipendenti o con i funzionari pubblici, dai quali il cliente potrebbe ottenere dei vantaggi in modo sleale, sono in questo caso fattori di rischio. La verifica viene eseguita prima dell'acquisizione di un'azienda.
Si esegue la Distributor Onboarding Due Diligence quando si ha l'intenzione di intraprendere un rapporto duraturo con i distributori o si ordinano grandi quantità di merci. Ad esempio nel caso in cui trattiate materie prime non controllate di un distributore e vendiate di conseguenza merci dannose per la salute ai clienti finali, dovete fare i conti con conseguenze legali. Perciò esistono standard per la compliance nella catena di distribuzione. Con un'attività di due diligence valutate il rischio collegato a un potenziale distributore.
La due diligence nel contesto dell'onboarding non comprende solo la valutazione dei rischi prima che venga instaurato un rapporto commerciale, ma richiede anche la dovuta diligenza quando si includono clienti o distributori nei propri processi. Per questo aspetto assomiglia molto alla Merger Integration Due Diligence.
Si esegue l'Ongoing Due Diligence mentre è in corso un rapporto commerciale. La verifica avviene a intervalli regolari e non appena si viene a conoscenza di una Red Flag (un segnale di rischio) per un partner commerciale. Con una verifica regolare vi assicurate che i vostri standard di compliance nella catena di distribuzione vengano rispettati.
Un esempio di rischi nelle acquisizioni di aziende o cooperative:
l'industria della moda finisce di tanto in tanto nell'occhio del ciclone per violazioni contro le leggi ambientali e della sicurezza sul posto di lavoro, oltre che per un trattamento ingiusto nei confronti dei lavoratori. Ad esempio le fabbriche tessili in Bangladesh hanno destato l'attenzione della stampa internazionale quando si sono verificate nel giro di poco tempo due catastrofi che hanno causato la morte di moltissimi dipendenti. Nel 2012 l'incendio nella fabbrica tessibile di Tazreen è costato la vita ad almeno 112 persone. Nel 2013 sono morti 1134 dipendenti nel crollo del Rana Plaza, che era stato precedentemente contestato dai superiori per la presenza di crepe nell'edificio.
Grandi catene di moda come H&M, Primark e C&A sono legate commercialmente a fabbriche tessili poco sicure in Bangladesh. Ma data la crescente pressione da parte della società, scaturita dagli articoli della stampa, alcuni grandi gruppi hanno ceduto, promettendo non solo di condurre delle verifiche più accurate del rispetto della compliance, ma anche di supportare i governi nazionali ad attuare una politica di stipendi più adeguati e misure di sicurezza appropriate. Ciò è stato sottoscritto nel cosiddetto accordo Bangladesh.
Dopo che nelle oltre 3500 fabbriche tessili del Bangladesh non si era fatto tanto fino al 2016, i sindacati dei lavoratori tessili hanno fatto causa a un'azienda firmataria per un totale di 2,3 milioni di dollari e hanno vinto il processo. In seguito la sicurezza degli edifici è stata migliorata in moltissime fabbriche, raggiungendo migliori condizioni nel 2018.
Dopo che gli standard di sicurezza sono stati migliorati nella maggior parte delle fabbriche, sono sorti però nuovi reclami, che riguardavano questa volta i fornitori del marchio americano GAP. Secondo l'organizzazione Global Labor Justice lo staff sarebbe stato costantemente esposto ad abusi verbali e fisici da parte dei superiori. In seguito gli interessati venivano colpiti e insultati se non raggiungevano gli obiettivi di produzione, imposti dalle sempre più corte "micro seasons" della fast fashion. È ancora da vedere se la situazione migliorerà.
Anche se trascurano gli standard di compliance nelle loro catene di distribuzione, le multinazionali possono facilmente riprendersi dalla pubblicità negativa e da risarcimenti di qualche milione, mentre sanzioni di questo tipo si abbattono molto più duramente sulle PMI, che non possono servirsi facilmente di mercati alternativi quando per via della cattiva pubblicità scendono le vendite in un settore. Quindi se intrattenete rapporti commerciali con aziende ad alto rischio, sarebbe meglio ricorrere all'Ongoing Due Diligence. Così riuscite a reagire tempestivamente nel caso in cui ai fornitori vengano contestate irregolarità.