Che cos’è la partita IVA?

La partita IVA è una sequenza di cifre che contraddistingue univocamente un’azienda in tutta Europa, preceduta dalla sigla dello stato di appartenenza (IT per Italia, ES per Spagna, PT per Portogallo e via dicendo). La partita IVA è di vitale importanza per l’identificazione di un’attività commerciale da parte delle autorità competenti, specialmente a fini fiscali. In questo articolo vi spieghiamo che cos’è la partita IVA, a chi serve e come fare per ottenerla.

In Italia il codice della partita IVA si compone di 11 cifre, dove le prime sette rappresentano il numero di matricola, le cifre dall’ottava alla decima indicano l’ufficio provinciale del fisco che ha rilasciato la matricola, mentre l’undicesima è un codice di controllo.

Non bisogna però dimenticare che le denominazioni della partita IVA variano, sia all’estero che in Italia: se la denominazione della partita IVA varia persino all’interno dei confini nazionali per via delle lingue minoritarie presenti in alcune regioni, all’estero anche la composizione delle cifre è diversa da quella utilizzata in Italia.

Quando aprire la partita IVA?

La partita IVA è obbligatoria per chi svolge in modo continuativo e abituale una determinata professione in proprio.

Cosa si intenda per “abitualità” e “continuità” andrebbe interpretato da caso a caso, dato che non vengono forniti parametri precisi di frequenza. È chiaro che chi decide di aprire una propria impresa ha bisogno della partita IVA. Lo stesso vale per professionisti come ad esempio avvocati, medici, psicologi: in generale tutte le professioni regolamentate che richiedono la partita IVA.

La questione, però, diventa immediatamente più spinosa nel momento in cui si tratta appunto di un arrotondamento, di un’attività saltuaria, della vendita di piccoli oggetti creati a casa, piuttosto che di lavori di giardinaggio per “arrotondare” svolti nel weekend come “secondo lavoro”. In questi casi la partita IVA diventa necessaria nel momento in cui l’attività secondaria in questione acquisisce una particolare cadenza o frequenza (ad esempio la domenica, oppure una certa frequenza mensile). Il fatto che sia l’unica attività svolta o meno non è quindi un parametro per stabilire la necessità della partita IVA. Visto che sarebbe alquanto rischioso generalizzare in tali materie, è sempre opportuno valutare caso per caso.

Come si apre una partita IVA?

Quando si avvia una nuova attività è obbligatorio darne comunicazione all’Agenzia delle Entrate entro trenta giorni dall’inizio dell’attività stessa. Aprire una partita IVA è molto semplice ed è gratuito. Vediamo passo per passo come procedere.

  • I prerequisiti: innanzitutto bisogna disporre di un documento di riconoscimento valido, aver scelto il codice Ateco che si riferisce alla vostra attività e aver deciso tra regime contabile ordinario o forfettario (distinzione che verrà trattata nel prossimo paragrafo).

  • Il modello: A questo punto bisogna presentare la dichiarazione all’Agenzia delle Entrate, tramite il modello AA9/12 o AA7/10 (società o comunque soggetti diversi dalle persone fisiche). I modelli si possono scaricare sul sito dell’Agenzia delle Entrate.

  • Come presentare domanda: ci sono diverse modalità per presentare la partita IVA, a seconda che si tratti di professionisti (persone fisiche) o soggetti diversi dalle persone fisiche:

    • Nel caso di persone fisiche, che devono iscriversi al Registro delle Imprese o al Registro delle notizie economiche e amministrative (Rea), bisogna compilare la Comunicazione Unica (che è già comprensiva del modello AA9/12) telematicamente presso la Camera di Commercio. Sarà poi il Registro delle Imprese a comunicare i dati all’Agenzia delle Entrate, all’INPS e all’INAIL ove necessario, dato che la finalità di questa “Comunicazione Unica” è proprio lo snellimento burocratico;

    • Per i soggetti diversi dalle persone fisiche (modello AA7/10) occorre utilizzare il software che è possibile scaricare sul sito dell’Agenzia delle Entrate.

Quali tipologie di partita IVA esistono e quali costi hanno?

Aprire la partita IVA di per sé non costa nulla. Sono i successivi costi di gestione a pesare sul portafoglio di chi la apre: per iscrivere la propria impresa alla Camera di Commercio, ad esempio, occorrerà pagare una quota che può raggiungere fino a 120 euro all’anno, alla quale vanno ad aggiungersi i costi di un commercialista, i contributi INPS e INAIL, le imposte e via discorrendo.

A fare la differenza per quel che riguarda i costi da sostenere e i requisiti da soddisfare per l’apertura e il mantenimento della partita IVA, è necessario specificare che ne esistono due tipologie: il regime contabile ordinario e quello forfettario. Quest’ultimo, introdotto con la legge di stabilità 2015 e successivamente modificato, sostituisce i precedenti regimi agevolati.

Il regime forfettario è indicato per chi ha avviato o sta per avviare un’attività che ha un giro d’affari piuttosto ridotto, sia in termini di ricavi che di spese. Per poter usufruire del regime forfettario esistono infatti dei valori di soglia sia per i ricavi (soglie che si differenziano a seconda del codice Ateco dell’attività svolta), sia per le spese sostenute e il costo complessivo dei beni strumentali. Il regime forfettario va a sostituire il regime dei minimi, a cui assomiglia molto, garantendo una tassazione agevolata e numerosi altri benefici, senza tuttavia sottostare, a differenza del proprio predecessore, a limiti temporali: infatti può essere mantenuto finché sussistono i requisiti.

Come si richiede il regime forfettario?

Essendo il regime forfettario un regime naturale, le imprese già in essere lo possono applicare direttamente a patto che soddisfino i requisiti richiesti e non ricadano nei casi di esclusione senza dover nemmeno dare una comunicazione specifica all’Agenzia delle Entrate. Tuttavia è necessario effettuare l’apposita comunicazione all’INPS entro il 28 febbraio di ciascun anno per poter godere del regime contributivo agevolato.

Al contrario, le nuove imprese sono tenute a comunicarlo nella dichiarazione di inizio attività attraverso il modello AA9/12. In caso di mancata comunicazione si può comunque fruire del regime agevolato, dato che se ne posseggono i requisiti, ma si incorre in una sanzione. In sede di dichiarazione dei redditi si fornirà poi evidenza della presenza dei requisiti e dell’assenza degli impedimenti per poter accedere al regime forfettario.

Vi preghiamo di osservare la nota legale relativa a questo articolo.

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