Gestione dei conflitti – Come uscire dalla crisi

Nella vita lavorativa possono insorgere dei conflitti. Nessuno li cerca, ma spesso sono inevitabili. Le sfide professionali causano sovente un alto livello di stress e quando i nervi sono tesi e ci si sente sotto pressione, ci si può alterare facilmente. Si dicono cose che non si pensano veramente e piccole liti possono trasformarsi in vere e proprie crisi. La cosa migliore per un ambiente di lavoro pacifico sarebbe l’assenza delle controversie, ma essendo queste spesso inevitabili, diventa importante risolvere i conflitti esistenti. Una gestione dei conflitti efficace consente di trovare delle soluzioni e di superare la crisi.

Che cos’è la gestione dei conflitti?

L’aspetto fondamentale in questo ambito è la distensione. Le controversie o anche le inimicizie sottaciute vanno assolutamente eliminate perché non influenzano soltanto lo stato d’animo all’interno di un’azienda, ma anche la sua produttività, motivo per cui è necessaria una rapida risoluzione dei conflitti. Le tecniche di risoluzione dei conflitti offrono metodi che si sono dimostrati validi in varie situazioni per evitare che una piccola discussione si trasformi in una situazione più grave. Tuttavia, non sempre le parti in causa riescono a risolvere il conflitto da sole. In tal caso, è necessario che una terza persona svolga il ruolo di mediatore onde evitare che il conflitto degeneri.

Gestire i conflitti non significa però declamare un vincitore, né imporre un proverbiale cessate il fuoco; il conflitto riemergerebbe in breve tempo. Una buona gestione dei conflitti mira ad una comprensione reciproca delle parti e al raggiungimento di compromessi. Pertanto, la gestione dei conflitti non punta principalmente alla soluzione concreta al problema, ma ad offrire strategie e metodi che aiutino le due parti a comunicare in modo produttivo e a trovare quindi dal canto loro una soluzione.

Come emerge da quanto detto in precedenza, la gestione dei conflitti va distinta rigorosamente dalla risoluzione dei conflitti, poiché subentra soltanto nelle situazioni in cui c’è qualcosa di negoziabile. Le parti coinvolte hanno interessi diversi ed è dunque necessario negoziare su quali interessi prendere in considerazione e quali abbandonare. Se, tuttavia, più che gli interessi sono in questione i bisogni primari, questi non possono essere negoziati, ma soltanto mediati: qui entra in gioco la risoluzione dei conflitti. Poiché sono spesso elementi collegati, non è sempre facile definire una chiara demarcazione tra questi due aspetti; normalmente in un’impresa vengono usati entrambi i metodi.

Dalla gestione e dalla risoluzione dei conflitti va inoltre distinta la composizione dei conflitti: questa ha lo scopo di individuare il più rapidamente possibile una soluzione che non aggravi il conflitto e permetta di continuare il lavoro senza problemi, senza indagarne le cause.

La trasformazione dei conflitti, invece, affronta il problema esattamente sul fronte opposto, al fine di trovare soluzioni a lungo termine. In questo caso piuttosto che sul caso concreto, ci si concentra sul contesto che può portare a dei conflitti. Si cerca quindi di migliorare la situazione generale in modo che non nascano problemi di alcun tipo. Le potenziali parti in conflitto dovrebbero comunque essere sempre coinvolte, affinché si crei un ambiente accettabile per tutti.

Tipologie di conflitti: i problemi non sono tutti uguali

Se volete utilizzare strategie consolidate per la risoluzione dei conflitti, dovete prima di tutto capire che cos’è un conflitto, in quanto non tutte le liti rappresentano un conflitto vero e proprio. Le piccole discussioni, per lo più banali (come la temperatura in ufficio), si risolvono da sole. Se entrambe le parti sono di fatto reciprocamente ben disposte, l’accordo si raggiunge di solito dopo poco tempo. Ma possono esserci problemi così profondi che non possono semplicemente svanire.

Il conflitto è difficile da evitare soprattutto quando si scontrano valori, obiettivi e ideologie diversi. Nei conflitti professionali inoltre le parti sono costrette a continuare a lavorare insieme nonostante le divergenze e i casi in cui, tra colleghi, ci si può evitare andando ognuno per la propria strada sono davvero rari.

Conflitti interni

Non sempre i conflitti sono tra più parti coinvolte. Spesso un singolo dipendente ha un problema con se stesso e quindi ha un conflitto nascosto dentro di sé; ciò avviene, ad esempio, quando devono essere prese decisioni difficili. Le difficoltà in queste fasi decisionali derivano spesso dal fatto che entrambe le scelte appaiono ugualmente giuste o entrambe negative o implicano sia vantaggi sia svantaggi. Questa forma di conflitto raramente porta a controversie, ma crea comunque problemi. Un collega che lotta con se stesso esita a dare giudizi e soffre di conseguenza, danneggiando nel lungo periodo non solo la sua persona, ma anche l’intera azienda.

Conflitti interpersonali

È normale che insorgano conflitti più o meno gravi nei luoghi in cui convivono più persone. Anche quando non si hanno cattive intenzioni durante una discussione, possono venire alla luce fattori inaspettati che aggravano una situazione di fatto innocua. Gli scontri spesso sorgono anche quando non ci sono delle ragioni reali, ma si sono creati dei malintesi. Questi conflitti di comunicazione non sono affatto rari. Per risolverli, è necessario individuare gli errori di comunicazione.

Diverso è il caso se non ci sono dei motivi razionali identificabili: ad esempio quando due dipendenti "semplicemente non si sopportano". Talvolta possono nascere conflitti solo perché ci sono personalità diverse che non riescono ad andare d’accordo. Tali conflitti relazionali sono di natura umana e difficilmente si possono evitare. Una gestione dei conflitti consapevole è ancora più importante quando a scontrarsi sono due personalità diverse.

E se non sono le personalità, spesso sono i ruoli dei partecipanti a causare un conflitto. In un gruppo di persone, e quindi anche in un team di professionisti, vengono automaticamente svolti diversi ruoli, pianificati o meno. Può succedere di tanto in tanto di essere spinti in un ruolo che non si percepisce come adatto alla propria persona (esempio: sulla base dell’esperienza operativa, la direzione vede che qualcuno potrebbe ricoprire il ruolo di capo reparto in futuro, ma il dipendente stesso non attribuisce a se stesso sufficienti competenze di leadership). Il dipendente vede se stesso in un ruolo diverso da quello che gli è stato assegnato; si parla allora di un conflitto persona-ruolo.

Un altro tipo di conflitto di ruolo si verifica quando gruppi di persone diversi identificano in qualcuno dei ruoli diversi, ma il dipendente non può soddisfare tutte le aspettative perché i ruoli si contraddicono a vicenda (esempio: i clienti che chiamano si aspettano la migliore consulenza possibile da un dipendente del servizio clienti. Tuttavia, l’amministratore delegato si aspetta che il dipendente si impegni per offrire i servizi aziendali più costosi indipendentemente dal problema del cliente). Anche questo è un caso di potenziale conflitto.

La situazione è simile nel caso di un conflitto di potere: ciò si verifica spesso quando i dipendenti che occupano posizioni di pari livello devono lavorare insieme. Il conflitto sorge perché una persona crede di essere gerarchicamente più in alto dell’altra. Ma lo stesso vale anche per l’altra persona. Si tratta di un potere a cui nessuno dei due vuole rinunciare.

Ma ci possono essere anche ragioni razionali dietro a un conflitto. Sia nelle cerchie di amici che nella vita professionale, all’interno di un gruppo le opinioni possono differire. La maggior parte delle volte il problema nasce perché si hanno prospettive diverse. Un conflitto materiale si verifica quando, ad esempio, si vogliono perseguire soluzioni o obiettivi diversi.

Un conflitto di valori, invece, riguarda gli atteggiamenti e le convinzioni delle persone coinvolte. In genere ci si pone le seguenti domande: Come va affrontata la situazione? Quali misure sono appropriate? Se nel rispondere a queste domande emergono convinzioni diverse, potrebbero nascere dei conflitti, perché a nessuno piace rinunciare ai propri valori e questo rende difficile raggiungere dei compromessi. La gestione dei conflitti deve intervenire in questi casi per evitare che la situazione si aggravi.

Risoluzione di conflitti: come fare

Prima di tutto stare a guardare senza fare nulla non è una soluzione. Ogni dipendente (e non solo il superiore) dovrebbe intervenire quando nota un conflitto in escalation tra due colleghi. Se non si può o non si vuole intervenire bisognerebbe almeno informare un responsabile. Un conflitto si può riconoscere da vari segnali:

  • Ci si evita: le due parti si evitano a vicenda e non si parlano tra loro.
  • Linguaggio del corpo: la mimica e i gesti sono uno specchio degli stati d’animo. Se il linguaggio del corpo è ostile e sulla difensiva non appena due persone si incontrano, probabilmente sono in conflitto.
  • Distanza: i colloqui tra le potenziali parti in conflitto sono molto distanti e formali. Non c’è contatto a livello personale.
  • Indifferenza: se esiste un conflitto, spesso una parte non prende più sul serio l’altra. Di conseguenza, si tendono a ignorare le decisioni altrui.
  • Aggressività: le parti coinvolte si rivolgono a vicenda in maniera aggressiva. Anche da una piccola cosa la situazione può degenerare.
  • Pettegolezzi: quando i conflitti durano a lungo finiscono per coinvolgere non soltanto le persone direttamente interessate, ma tutta la cerchia di colleghi con pettegolezzi, anche ad opera delle parti stesse.

Tali conflitti latenti tendono a crescere nel tempo. Per evitare che ciò accada, si dovrebbe intervenire il più presto possibile. È proprio nella fase iniziale di un conflitto che è più facile trovare una soluzione, in modo che entrambe le parti possano uscirne soddisfatte. Quanto più un conflitto progredisce, tanto più diventa difficile raggiungere una soluzione amichevole. Con grande probabilità almeno una parte non sarà d’accordo con il chiarimento. Quando un litigio va troppo per le lunghe nessuna parte è vincitrice ed entrambe devono fare i conti con grosse perdite.

Un colloquio chiarificatore dovrebbe migliorare la situazione in una fase iniziale. Idealmente, questo colloquio dovrebbe svolgersi con la partecipazione di un terzo: un superiore, una terza persona di fiducia o un moderatore esterno al conflitto. In tali incontri si sono affermati due modelli: il modello KULT e il metodo Harvard.
Entrambi hanno alcuni presupposti in comune:

  • Concretezza: le emozioni spesso portano alla degenerazione del conflitto. Per questo motivo la conversazione non dovrebbe mai allontanarsi dal concreto. Gli attacchi personali sono del tutto inappropriati.
  • Rispetto: anche in caso di controversia, le parti dovrebbero trattarsi a vicenda con rispetto. Ciò significa anche dare spazio di parola all’altro.
  • Apertura al compromesso: chiunque prenda parte ad una discussione senza la volontà di riavvicinarsi all’altro ostacola qualsiasi possibilità di soluzione. Per riuscire a risolvere un conflitto, bisognerebbe cercare dei punti in comune e ripartire da quelli.

Il modello KULT

Il modello KULT si fonda sui seguenti aspetti: chiarezza, causa, soluzione e trasferimento. Questi termini descrivono le singole fasi che si attraversano in una discussione chiarificatrice ispirata a questo modello.

  • Chiarezza: prima di iniziare a risolvere il conflitto, è necessario chiarire in cosa consista effettivamente. Se si tratta di una complicata rete di conflitti articolata in più punti, questa fase determina l’ordine in cui prenderli in esame.
  • Cause: in seguito si analizza il problema e si identificano le cause del conflitto. Questa fase può richiedere un po' di tempo e rendere necessario l’aiuto di terzi. I partecipanti cercano di risalire alle cause del conflitto nel modo più obiettivo possibile.
  • Soluzione: una volta raccolte tutte le ragioni, si cerca di trovare una soluzione al conflitto. Tutti i partecipanti concordano un piano concreto di risoluzione.
  • Trasferimento: infine, il piano viene messo in pratica. È importante garantire che tutte le parti in causa si adoperino effettivamente per raggiungere gli obiettivi prefissati. Durante il trasferimento, tuttavia, possono sorgere nuovi conflitti che fanno ricominciare da capo tutto il processo. Al termine, una discussione di riflessione con i partecipanti dovrebbe garantire che le stesse cause non conducano nuovamente al conflitto in futuro.

Il metodo Harvard

Il metodo Harvard si basa su un progetto dell’omonima università ed è stato pubblicato da Roger Fisher e William L. Lury nel 1981. Il metodo mira non solo a trovare un compromesso, ma anche il miglior risultato possibile per entrambe le parti. L’obiettivo è quello di facilitare le trattative tra le parti in conflitto. Un moderatore del conflitto non è sempre necessario, pertanto il modello è molto adatto per la risoluzione dei conflitti tra colleghi, ma anche per i conflitti al di fuori del contesto professionale.

Il metodo Harvard stabilisce dei chiari principi che vanno rispettati dalle parti in conflitto:

  • Discutere sempre di aspetti concreti. La persona va distinta dalla cosa. Si dà spazio anche alle emozioni, ma si presta attenzione ad una rigida separazione tra livelli emotivi e materiali.
  • Le parti dovrebbero mettere gli interessi in primo piano. Per questo è necessario analizzare il conflitto e dedurre gli obiettivi effettivi di entrambe le parti. Spesso emerge che le due persone sono molto più vicine di quanto si potesse pensare.
  • Quindi si cercano insieme delle idee su come risolvere il conflitto. Le parti coinvolte non dovrebbero farlo ciascuna per conto proprio, ma ripercorrere ogni idea mentalmente e discuterne con l’altra.
  • La migliore soluzione possibile viene quindi trovata sulla base di criteri di valutazione oggettivi. Entrambe le parti hanno concordato in anticipo questi criteri. Al fine di mantenere un processo equo, tutti i vantaggi e gli svantaggi di una soluzione dovrebbero essere discussi e nessun dettaglio andrebbe lasciato nascosto.

Nel trovare una soluzione si dovrebbe tenere presente che, nonostante il conflitto, il rapporto tra le due parti alla fine non viene danneggiato. L’obiettivo del metodo Harvard è quindi quello di raggiungere la riconciliazione anche a livello interpersonale. Nel caso della soluzione di un conflitto, il metodo Harvard mette inoltre in primo piano l’alternativa migliore (in inglese: Best Alternative to a Negotiated Agreement, abbreviato: BATNA). Per conoscere l’alternativa migliore, tuttavia, devono essere conosciute anche tutte le altre possibilità. Perciò la fase della ricerca delle idee è particolarmente importante. Se la si trascura, non si può escludere l’esistenza di una soluzione migliore per gli interessati. L’opzione migliore è quella che porta il massimo successo a entrambe le parti, vale a dire una situazione vantaggiosa per tutti.

Tuttavia, non è sempre detto che le due parti di un conflitto si attengano realmente al metodo Harvard. Se una o entrambe le parti ritengono di dover ignorare le regole del metodo Harvard, ne possono essere utilizzati altri per raggiungere una conclusione positiva. Una caratteristica essenziale di questo metodo è che nessuno deve abbandonare la discussione oggettiva e ricorrere alle offese. Inoltre, nessuna delle due parti deve esercitare pressioni sull’altra per accelerare la risoluzione dei conflitti. Se una parte non rispetta queste regole, il metodo Harvard prevede di interrompere la discussione: solo quando la parte non cooperativa si dimostra disposta a impegnarsi in un confronto ragionevole, la discussione verrà ripresa.

Fatto

Spesso il modo più o meno costruttivo di reagire agli scontri dipende dal carattere di una persona. La capacità di risolvere i conflitti in modo efficiente o di evitarli prima che accadano si chiama capacità conflittuale. Questa deriva dall’empatia e dal fiuto degli stati d’animo e della presenza di eventuali problemi, nonché da un certo grado di fiducia in se stessi e di auto-riflessione. Tuttavia, è altrettanto importante non ignorare i conflitti, ma cercare in modo propositivo il confronto per risolvere rapidamente il problema.

Il metodo Havard prevede che tutte le informazioni e i dettagli siano noti a entrambe le parti. Se una parte cerca di trovare una soluzione a suo favore con l’inganno e rivelandosi scorretta, si dovrebbe rendere subito pubblico il comportamento negativo, di modo che questa tattica non funzioni.

Ma cosa succede se una parte avanza richieste che sono semplicemente inaccettabili? In queste situazioni, il metodo Harvard prevede di accettare tali richieste come ipotesi piuttosto che rifiutarle direttamente. Discutendo sulle conseguenze di queste richieste, si può spiegare perché sono inaccettabili. In caso di dubbi, tuttavia, il metodo Harvard prevede anche l’intervento di un esterno: un moderatore o una figura che gestisce i conflitti può garantire uno svolgimento dei colloqui a livello oggettivo.

Mediazione e supervisione

Soprattutto quando un conflitto sembra essere bloccato o si intensifica molto velocemente o molto fortemente, l’aiuto dall’esterno può essere utile, ad esempio quando la comunicazione tra colleghi, anche con il coinvolgimento di un supervisore, non funziona più. In qualità di terzi indipendenti, i mediatori e i supervisori hanno spesso maggiori possibilità di riportare la discussione a un livello costruttivo.

La mediazione è una procedura di conciliazione extragiudiziale: questa classificazione giuridica chiarisce già che questa procedura è spesso utilizzata come ultima opzione prima di una controversia giudiziaria. Infatti, la mediazione può essere d’aiuto anche nelle controversie quotidiane sul lavoro e persino nei conflitti politici internazionali. Il fattore decisivo per il successo è che le parti in conflitto decidono volontariamente di partecipare alla mediazione. Il moderatore affianca le parti in conflitto con un’attività di moderazione. L’obiettivo è far sì che siano le parti stesse a trovare una soluzione al conflitto.

La supervisione, invece, di solito non avviene in un conflitto concreto. In questo caso si lavora con una persona o, meglio ancora, con tutto il team per migliorare intere strutture. In primo luogo, si analizzano i modelli di comportamento e si identificano le cause di possibili conflitti. In questo modo, è possibile evitarli in una fase iniziale e rafforzare la cooperazione e la coesione tra colleghi a lungo termine.

Consiglio

Anche i colloqui con i dipendenti e la motivazione dei dipendenti possono aiutare ad unire il team e a creare una cultura di discussione costruttiva. I conflitti possono essere così facilmente evitati.

I risultati della gestione dei conflitti

Una volta risolti i conflitti, dovrebbe esserci idealmente un ambiente sereno. Tuttavia, non sempre è possibile soddisfare al 100% le aspettative e i desideri di entrambe le parti. Si possono delineare 4 tipologie di risultato della gestione dei conflitti:

  • Lose-lose: questo risultato ha lasciato insoddisfatte entrambe le parti. Di solito una tale situazione si sviluppa nella vita lavorativa quotidiana quando un superiore conclude un conflitto con una decisione severa e ignora così le aspettative di coloro che sono coinvolti.
  • Win-lose: in questo risultato solo una parte trae vantaggio dalla gestione del conflitto. L’altra parte non viene soddisfatta e questo può portare potenzialmente a conflitti ulteriori.
  • Win-win: questo è il risultato migliore, che permette ad entrambe le parti di uscire soddisfatte dal conflitto. C’è una soluzione soddisfacente per tutte le parti; nessuna viene ignorata.
  • 50:50: un compromesso equo non è un risultato ideale, ma soddisfacente. Entrambe le parti devono rinunciare a parte dei loro desideri, ma possono anche avanzare proposte in eguali proporzioni.

Nel migliore dei casi un conflitto può essere utilizzato anche come punto di partenza per uno sviluppo positivo. Con la gestione dei conflitti, infatti, se ne scoprono le cause e si possono cambiare le condizioni aziendali in modo tale che non si sviluppino più in futuro. Inoltre, i protagonisti imparano a comportarsi in situazioni di conflitto evitando che degenerino. Spesso i conflitti si possono risolvere già in una fase iniziale.

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