Gli imprenditori che emettono fatture sono obbligati a indicare l’IVA imponibile per la cessione di beni o servizi. Solitamente spetta alle aziende dichiarare l’IVA all’Agenzia delle Entrate, ma tutto cambia con il reverse charge, anche chiamato “inversione contabile” in italiano. In questo caso il cedente non addebita l’IVA nella fattura, ma è il destinatario a doverla integrare.

Reverse charge: che cos’è?

Nel diritto tributario, il reverse charge indica che il destinatario del servizio non paga l’IVA su una consegna o un servizio al fornitore, ma direttamente all’Agenzia delle Entrate. Come già accennato, il termine inglese “reverse charge” significa in generale “inversione contabile”. Si parla anche di reverse charge dell’IVA, proprio perché tutto ruota intorno all’IVA che non viene pagata dal venditore bensì dal compratore.

Caso normale Reverse charge
Il fornitore di servizi è obbligato a versare l’IVA. Il ricevente dei servizi è obbligato a dichiarare l’IVA all’Agenzia delle Entrate.

In materia di reverse charge si fa riferimento ai commi 5 e 6 dell’articolo 17 del DPR 633/1972, dove vengono indicati i casi di applicazione. In particolare, si ricorre a questo sistema nel settore dell’edilizia, quando si ha a che fare con subappaltatori e appaltatori o anche quando si hanno rapporti con soggetti UE e al di fuori dell’UE per cessioni di cellulari, tablet e computer o contratti di compravendita immobiliari.

N.B.

In generale tutte le operazioni intracomunitarie vanno registrate con questo sistema, in quanto è necessario applicare l’IVA in vigore nel paese dell’acquirente.

Qual è lo scopo dell’inversione contabile?

Lo scopo principale del reverse charge è quello di impedire le frodi così da evitare che chi effettua la cessione di un bene e chi lo acquista decida di non versare l’imposta sul valore aggiunto o presenti una richiesta di rimborso all’Agenzia delle Entrate. Se non si ricorresse alla fattura con reverse charge, il fisco perderebbe moltissimi miliardi di euro. Inoltre, dal punto di vista del fornitore, si riduce l’impegno burocratico, in quanto il venditore viene assolto dall’obbligo di versare l’IVA.

Esempio: l’azienda A in Francia fornisce beni all’azienda B in Italia. L’imprenditore A emette una fattura senza IVA. L’azienda B vende la merce all’azienda C in Italia ed emette una fattura con IVA. C si fa rimborsare l’IVA dall’Agenzia delle Entrate. B dovrebbe pagare l’IVA all’Agenzia delle Entrate, ma scompare dal mercato prima che l’imposta sia dovuta. L’imprenditore C rivende la merce ad A in Francia e tutto prosegue.

Nel caso delle frodi, il fornitore non paga l’IVA, ma il destinatario del servizio la richiede. Il reverse charge impedisce che ciò accada. Se il destinatario vuole il rimborso dell’IVA dall’Agenzia delle Entrate, deve dichiarare contemporaneamente l’IVA fatturata. Il sistema fiscale è meno soggetto a frodi ed è per questo che è una procedura ormai molto utilizzata in molti settori.

Chi è obbligato a ricorrere al reverse charge?

In una fattura si ricorre al reverse charge in molti casi in cui si ricevono prodotti o servizi da un’azienda con sede all’estero; ugualmente in alcuni settori si utilizza l’inversione contabile tra imprese che si trovano all’interno della stessa nazione. È valido per il reverse charge dell’IVA che il meccanismo venga applicato nel caso in cui il destinatario sia un’azienda o una persona giuridica.

Ma per quali operazioni si applica il reverse charge? Quando si parla di prestazioni di servizi l’inversione contabile si utilizza per:

  • subappalti nell’edilizia;
  • provvigioni pagate da agenzie di viaggio agli intermediari a cui si affidano;
  • prestazioni di servizi generici ricevute da soggetti comunitari a partire dal 17 marzo 2012.

Nel caso di cessioni di beni si ricorre alla fattura con reverse charge per:

  • fabbricati o unità strumentali e fabbricati o unità abitative (nel caso in cui la cessione è soggetta a IVA per opzione);
  • oro industriale;
  • compro oro;
  • cessioni intracomunitarie;
  • apparecchiature, componenti e accessori terminali per il servizio pubblico radiomobile;
  • microprocessori per computer e server;
  • telefoni cellulari, esclusi accessori se venduti separatamente;
  • rottami, avanzi di metalli ferrosi, ecc.

Nel 2018 si sono aggiunte a queste operazioni anche le seguenti:

  • prestazioni di servizi di pulizia e demolizione;
  • installazioni di impianti e di completamento riguardanti edifici;
  • trasferimenti di quote di emissioni di gas a effetto serra;
  • trasferimenti di altre unità che i gestori possono utilizzare per conformarsi alla direttiva 2003/87/CE e di certificati riguardanti gas ed energia elettrica;
  • cessioni di gas e di energia elettrica a un soggetto passivo rivenditore;
  • cessioni di beni effettuate nei supermercati, ipermercati e discount del settore alimentare;
  • cessioni di bancali in legno (pallet) recuperati ai cicli di utilizzo successivi al primo.

Questo meccanismo si applica in tutta l’Unione Europea, ma ciò non toglie che ci sono diverse regole a seconda delle nazioni coinvolte: infatti alcune prestazioni potrebbero essere soggette all’applicazione del reverse charge in alcuni Paesi e non in altri.

Emissione di una fattura con reverse charge

Chi deve emettere una fattura con reverse charge è obbligato a seguire tutte le direttive imposte per le normali fatture, senza però aggiungere l’IVA e inserendo un’opportuna dicitura. È quindi strettamente necessario indicare:

  • i dati dei due soggetti (ragione sociale, partita IVA e indirizzo);
  • numero di fattura univoco;
  • data di emissione;
  • elenco e descrizione dei beni ceduti o servizi prestati;
  • prezzo singolo dei beni e/o dei servizi;
  • prezzo totale.

Oltre a questi dati essenziali è anche opportuno riportare chiaramente che si sta facendo ricorso al reverse charge e che l’operazione è esente da marca da bollo. Si può scrivere una frase del tipo: “Operazione soggetta al reverse charge in conformità all’art. 17, comma 6, lettera a-ter, DPR 633/1972 con applicazione dell’IVA a carico del destinatario della fattura. Operazione esente da imposta da bollo e senza addebito dell’IVA ai sensi dell’art. 17 DPR 633/1972.”

Si potrebbe anche indicare l’inversione contabile in inglese, scrivendo ad esempio: “VAT due to the recipient” o “Recipient is liable for VAT”. In alternativa, la dicitura può essere riportata anche nella rispettiva lingua di riferimento. Di seguito una tabella con alcuni esempi in altre lingue:

Paese Dicitura
Bulgaria обратно начисляване
Danimarca omvenduto betalingspligt
Estonia pöördmaksustamina
Finlandia käännetty verovelvollisuus
Francia, Belgio, Lussemburgo Autoliquidation
Grecia Αντίστροφη επιβάρυνση
Regno Unito, Irlanda Reverse charge
Germania Reverse-Charge-Verfahren

Reverse charge dell’IVA dal punto di vista contabile

Se si offre un servizio per cui è necessario applicare il reverse charge, vi è l’obbligo di emettere una relativa fattura. In questo caso però il venditore emette la fattura senza addebito dell’imposta sul valore aggiunto, mentre il compratore integra il documento fiscale con l’aliquota di riferimento per il tipo di operazione fatturata e procede con l’annotazione nel registro IVA acquisti e in quello vendite.

Il venditore registrerà quindi la prestazione in partita doppia come:

credito verso azienda X a ricavi per prestazione di servizi Y

senza caricare l’IVA in fattura.

Al contrario, il compratore dovrà integrare l’IVA nella sua fattura e registrare due operazioni, ovvero l’acquisto e l’autofattura.

L’acquirente dovrà quindi registrare la prestazione in partita doppia come:

merci conto acquisti e IVA su acquisti a fornitore esente da reverse charge dell’IVA

e procedere con l’emissione di un’autofattura nel modo seguente:

cliente per autofattura a vendite fittizie di merci e IVA su vendite

In questo modo ai fini IVA l’operazione si considera neutra. L’IVA sarà infine addebitata nella fattura presentata al consumatore finale.

Esempio: reverse charge per Google Ads

Oggigiorno un campo classico in cui viene applicato il reverse charge è Google Ads, il servizio pubblicitario di Google. Se un sito web si affilia a Google, riceverà degli introiti quando la pubblicità di Google compare sulla sua pagina. Trattandosi di servizi pubblicitari si applica il reverse charge, quindi l’IVA viene assolta dal destinatario.

Nello specifico chi ha partita IVA in Italia emette una fattura senza IVA e la spedisce in Irlanda a Google, dove ha sede l’azienda. In questo modo il soggetto italiano non deve né versare né incassare l’IVA che verrà assolta da Google in Irlanda. Importante sarà scrivere nella fattura con reverse charge la seguente dicitura: “Operazione soggetta all’inversione contabile o VAT reverse charge in base all’art. 7-ter del DPR 633/1972 assolta dal destinatario, Google Ireland, in conformità alla direttiva 2006/112/CE del Consiglio dell’Unione Europea e della direttiva 2008/8/CE”.

Per chi usufruisce dei servizi di Google Ads è inoltre obbligatoria l’iscrizione al VIES e la comunicazione trimestrale all’Intrastat.

Ti preghiamo di osservare la nota legale relativa a questo articolo.

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