Con shitstorm si indica, anche in Italia, il verificarsi di critiche feroci nei confronti di una persona, un gruppo o un’azienda sui profili social, blog o altre piattaforme online che offrono la possibilità di inserire un commento. Che si tratti di uno shitstorm vero e proprio o solo di un aumento significativo di commenti negativi, l’entità del fenomeno la si stabilisce dai suoi caratteri in ascesa e dalla scelta di parole fortemente emotive e, in parte, anche aggressive o offensive.
Il termine “shitstorm” (letteralmente shit, cioè merda, e storm, tempesta) deriva dall’inglese, ma viene anche usato in italiano per descrivere una situazione in cui qualcuno subisce una tempesta di insulti su Internet. Nell’Oxford Dictionary si trova una definizione di shitstorm in questi termini “A situation marked by violent controversy” e lo si contrassegna come linguaggio volgare. In Italia il termine è diventato parte del linguaggio comune, anche grazie al suo uso su blog e giornali.
Il fatto che quando si verificano episodi di shitstorm gli utenti non esitino a lasciare commenti aggressivi, volgari o di disprezzo, viene ricondotto alla disinibizione della comunicazione online. Spesso in rete si ritiene di poter esprimere un parere senza incorrere in alcun rischio: la ragione alla base è la presunta anonimità sul web.
Se lo shitstorm si indirizza a persone celebri o privati cittadini, il fenomeno si può unire a quelli del cyber mobbing, a diverse forme di diffamazione, a molestie o a coercizione di persona. Se si esprime verbalmente odio con lo scopo di sminuire o umiliare, esercitando una sorta di “lapidazione digitale”, i singoli commenti di uno shitstorm possono essere considerati come hate speech e assumere rilevanza penale. Tuttavia, in Italia è ancora difficile prendere provvedimenti concreti contro gli hate crime che avvengono su Internet. A livello teorico molti di questi episodi si potrebbero sanzionare come incitazioni all’odio, diffamazioni e calunnie, ma non sempre si riesce a portare in tribunale e punire chi commette questi reati.
In Italia il fenomeno viene spesso associato anche al “furto” di gruppi di Facebook. Un utente si fa aggiungere a un gruppo, elimina gli amministratori correnti e ne prende il controllo, aggiungendo poi i suoi complici. A questo punto lui e i suoi complici pubblicano sul gruppo post ingiuriosi o volgari, e spesso persino delle vere e proprie discriminazioni o proclami razzisti. Tra le categorie più colpite ci sono quei gruppi legati in qualche modo al meridione. Di seguito faremo riferimento agli shitstorm nel primo senso del termine che abbiamo indicato: cioè come critiche feroci nei confronti di aziende, organizzazioni o persone sui social media.