Tuttavia, l’utilizzo di clausole contrattuali standard a seguito della sentenza Schrems II è soggetto a regole e condizioni più severe: le aziende devono adottare misure supplementari e, in linea di principio, effettuare una valutazione caso per caso di ogni trasferimento di dati. In tal modo, è necessario garantire che nel paese terzo interessato esista effettivamente un livello adeguato di protezione dei dati. Se ciò non avviene, ad esempio a causa delle leggi di sicurezza nazionale in vigore, una società deve interrompere il trasferimento dei dati.
Inoltre, le clausole contrattuali standard sono soggette a revisione da parte delle autorità europee di controllo e di protezione dei dati. Se la situazione giuridica di un paese terzo impedisce al destinatario dei dati di adempiere agli obblighi previsti dalle clausole contrattuali standard, il trasferimento dei dati può essere sospeso o addirittura vietato. Nell’esaminare il livello di protezione dei dati occorre tener conto dell’intero processo. Si deve quindi garantire che, ad esempio, le autorità di sicurezza nazionale e le autorità investigative del paese destinatario non abbiano accesso ai dati personali.
Nella situazione attuale, la valutazione caso per caso è particolarmente difficile per le PMI, che di norma non dispongono della conoscenza e dei mezzi necessari per verificare in dettaglio, ad esempio, un livello adeguato di protezione dei dati in un paese terzo. Inoltre, la sentenza della CGCE non specifica esattamente quali siano gli standard concreti da applicare alle valutazioni dei singoli casi o alle possibili estensioni delle clausole contrattuali standard.
Ciononostante, le PMI dovrebbero affrontare attivamente la questione. Gli esperti legali consigliano di prendere le migliori precauzioni possibili e di creare una solida documentazione sulle misure impiegate per la protezione dei dati. Le aziende saranno in questo modo preparate per un’eventuale controversia legale e saranno meglio in grado di difendere le proprie azioni in tribunale una volta terminato il Privacy Shield.
Una misura concreta di protezione consiste nell’attuare con attenzione anche gli aspetti formali delle clausole standard di protezione dei dati (ad esempio mediante una descrizione precisa dei flussi di dati). Inoltre, devono essere raccolti e trasmessi solo i dati personali assolutamente necessari. In più, gli esperti legali raccomandano un’analisi del rischio ben fondata e ben documentata che tenga conto di tutte le questioni rilevanti. In questo modo, la situazione giuridica negli Stati Uniti o in un altro paese di destinazione al di fuori dell’UE dovrebbe essere analizzata più attentamente e valutata la probabilità di un accesso inappropriato ai dati.
Inoltre, occorre chiarire se il destinatario si assume particolari obblighi contrattuali in considerazione della situazione attuale (ad esempio maggiori obblighi di monitoraggio e di notifica). In questo momento, le aziende potrebbero anche chiedere ai partner commerciali e ai fornitori di servizi americani di utilizzare tutti i mezzi tecnici disponibili per ottimizzare la protezione dei dati, ad esempio l’uso della crittografia end-to-end in un software per videoconferenze.
Le aziende che possono rinunciare a trasferimenti di dati, servizi cloud e server in paesi terzi al di fuori dell’UE dovrebbero cercare alternative europee conformi al GDPR. Inoltre, occorre seguire da vicino l’evoluzione del diritto in materia di protezione dei dati. Il Comitato europeo per la protezione dei dati informa gli interessati e le parti interessate sullo stato attuale in un documento informativo sulla sentenza della Corte di Giustizia europea sul Privacy Shield.