I typosquatter possono finire in guai seri con la legge perché, molto spesso, registrando un dominio contenente un errore violano comunque il diritto al marchio. Seppur in Italia non ci sia ancora un modo di procedere univoco da un punto di vista legale in una situazione di typosquatting, in generale vengono applicate le stesse norme che valgono per la tutela del marchio previste dal Codice della proprietà industriale e contenute nel Decreto legislativo del 10 febbraio 2005.
Sebbene non sempre il nome del dominio corrisponda esattamente a quello del marchio, gode della stessa protezione perché possiede una capacità distintiva, cioè permette agli utenti di identificare attraverso di sé il gestore del sito o la sua offerta. Se un gestore di un sito web è vittima di un caso di cybersquatting, può intentare una causa e cercare di godere delle tutele previste dalla legge in queste situazioni, che di solito sono:
- Risarcimento del danno
- Inibitoria (richiedere il ritiro del marchio e dei suoi prodotti)
- Danno morale
- Risarcimento per il danno all’immagine.
In linea generale, la legge può essere applicata quando:
- sussiste il rischio di confusione, cioè in tutti i casi quando il pubblico potrebbe pensare che il typosquatter sia invece il gestore del sito web che si intendeva visitare;
- la landing page si rivela essere una truffa (oltre alla violazione del marchio, può anche essere applicata la legge sulla frode);
- una persona non autorizzata utilizzi un marchio registrato (in questo caso si aggiunge il reato di contraffazione).
Naturalmente più il sito gode di popolarità, più sarà facile avere la meglio legalmente contro gli autori del cybersquatting.