Il fascino dell’intelligenza artificiale: ma di cosa si tratta in realtà?
I neuroscienziati attirano regolarmente l’attenzione con le loro scoperte sul cervello umano. I loro progressi fanno sorgere una domanda, alla quale sono connesse speranze ma al contempo anche paure: un giorno sarà forse possibile riprodurre artificialmente il cervello umano nella sua interezza e complessità? Già oggi esistono computer che con le loro capacità di calcolo riescono a superare i limiti dell’immaginazione, ma il cervello umano, con la sua unica struttura, continua a rimanere loro superiore in molti settori. Può essere che cambi presto questa situazione?
Questi quesiti vanno a toccare il campo di ricerca dell’intelligenza artificiale, conosciuta anche con l’acronimo IA e con quello inglese AI, ovvero artificial intelligence. Nella ricerca sulla IA si cerca di ricreare tecnologicamente un cervello umano, comprensivo delle sue funzioni, con l’aiuto di mezzi come l’informatica, la neurologia, la psicologia e la linguistica. Gli approcci della ricerca sulla IA vanno anche sempre a rivelare qualche scoperta riguardo all’idea di noi come esseri umani e alla nostra percezione di “intelligenza”.
Un’intelligenza artificiale che disponga di una propria volontà e che agisca in maniera autonoma è comunque da considerarsi ancora fantascienza. Ma in molti settori della vita la tecnologia visionaria è già arrivata a giocare un ruolo principale senza che ce ne fossimo accorti. Molti ancora non sanno cosa sia esattamente l’intelligenza artificiale e come venga utilizzata.
Ad oggi i campi attuali di applicazione della IA sono tra i più svariati: i medici la utilizzano per effettuare diagnosi e per prescrivere terapie; grazie alla IA le previsioni di mercato sono in grado di rivelare molte più informazioni e, infine, gli algoritmi di ricerca di Google stanno diventando sempre più dinamici. Dietro a ogni assistente digitale, come possono essere Cortana o Siri, si nasconde una tecnologia basata sull’intelligenza artificiale: tramite di essa le automobili imparano a guidare in autonomia e i computer aiutano l’azienda a scegliere i nuovi dipendenti. Negli Stati Uniti la IA viene addirittura già utilizzata per la stesura di discussioni delle cause giuridiche. In sostanza la ricerca degli ultimi decenni ha dato un contributo notevole a diversi campi della società umana.
Internet, ma più nello specifico i motori di ricerca e con esso l’online marketing, sono altrettanto coinvolti in tutte queste affascinanti novità. Una comprensione di base della tecnologia IA rappresenta quindi un vantaggio anche per la SEO. Nell’articolo tenteremo dunque di rispondere alle domande fondamentali: cos’è l’intelligenza artificiale e come funziona? Quali scopi persegue la ricerca e quali campi di applicazione attuali esistono? Quali possibilità e quali rischi sono ad essa connessi? E infine: quali effetti hanno i suoi sviluppi sull’online marketing e sulla SEO?
Definizioni di intelligenza artificiale: visione e realtà
Cos’è l’“intelligenza artificiale”?
Una definizione generica recita: l’intelligenza artificiale è un settore dell’informatica che ha come obiettivo quello di realizzare un equivalente tecnologico dell’intelligenza umana. Gli informatici collaborano con gli esperti di altre realtà scientifiche per arrivare a questo traguardo. Ma ci sono molte teorie e molti approcci che discutono cosa renda un’intelligenza tale e in che modo la si possa ricreare con la tecnologia.
Per via del significato così complesso di “intelligenza”, non è quasi possibile definire con più precisione la artificial intelligence. Quali siano le abilità che appartengono all’intelligenza, è già stato discusso per quanto riguarda gli esseri umani, ancora di più se si parla di macchine. Ma dipende sempre dall’obiettivo: la macchina deve essere ottimizzata soprattutto nella sua razionalità? Oppure sono importanti anche altre caratteristiche come l’intenzionalità, l’intuizione e la capacità di apprendimento? Possibilmente giocano un ruolo anche le competenze, l’empatia e la responsabilità. La domanda è quindi: la tecnologia deve perlopiù essere in grado di generare delle abilità razionali o piuttosto di replicare un essere umano in maniera artificiale?
Le differenze ci sono anche rispetto al “legame di somiglianza” con l’essere umano: la macchina deve essere strutturata esattamente come un cervello umano? Questo approccio simulativo ambisce a una riproduzione esatta delle funzioni intellettive. Oppure la macchina deve solamente apparire come un essere umano quindi assomigliargli esclusivamente nel risultato finale? In questo approccio fenomenologico si tratta esclusivamente di capire cosa arriva agli esseri umani dell’intelligenza artificiale, a prescindere da quali processi tecnologici scatenanti si nascondano dietro.
Trovare una definizione di intelligenza artificiale è sempre stato difficoltoso. Nel 1950 il matematico Alan Turing sviluppò un test che fosse in grado di misurare la IA: il cosiddetto “test di Turing” si serve di una serie di domande per indagare e riconoscere se una macchina sia ancora riconoscibile come tale. Se le risposte di un computer non si riescono più a distinguere da quelle di un essere umano, allora il computer è da considerarsi “artificialmente intelligente”. Ma questa definizione è di ben poco aiuto per la moderna tecnologia sulla IA, poiché al giorno d’oggi l’intelligenza artificiale viene sviluppata soprattutto per le sfere di competenza tecniche.
In questo senso si pensa meno al fatto che la IA debba governare la comunicazione umana, ma piuttosto che possa portare a termine in maniera efficiente compiti altamente specializzati. Per queste tecnologie si utilizza un test di Turing “ristretto”: se relativamente a un ambito specifico un sistema tecnico dispone delle stesse capacità di un essere umano, come ad esempio per quanto riguarda una diagnosi medica o una partita di scacchi, allora si parla di un sistema artificialmente intelligente. Per concludere esistono rispettivamente due definizioni di intelligenza artificiale: una “forte” e una “debole”.
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La visione: intelligenza artificiale forte
La definizione “forte” della artificial intelligence si riferisce a un tipo di intelligenza in grado di soppiantare l’essere umano nella sua interezza, incluse tutte le sue molteplici abilità; questo approccio universale dell’essere umano come macchina esiste dall’Illuminismo, e per quanto fosse considerato ancora fantascienza, ci sono stati dei recenti sviluppi che fanno pensare il contrario.
Ci sono diverse dimensioni di intelligenza che appartengono alla IA forte: l’intelligenza cognitiva, quella sensomotoria, quella emozionale, e, infine, quella sociale. Gli utilizzi attuali più frequenti dell’intelligenza artificiale riguardano l’ambito dell’intelligenza cognitiva: per cui la logica, la pianificazione, la soluzione dei problemi, l’autonomia e la prospettiva individuale.
La visione non arriva alla convinzione che i robot possano provare emozioni, ma si limita pur sempre all’idea che magari un giorno la IA possa sviluppare una coscienza autonoma e una volontà propria. Con questo obiettivo lontano la ricerca sulla IA si addentra nel territorio tradizionale della filosofia scatenando molteplici questioni etiche e giuridiche. I filosofi del diritto, infatti, hanno già fatto presente che anche per gli esseri artificialmente intelligenti devono valere regole di diritto vincolanti. In generale la domanda che rimane ancora aperta riguarda proprio la capacità giuridica delle macchine intelligenti.
La realtà: intelligenza artificiale debole
Le definizione “debole” di artificial intelligence si riferisce invece all’evoluzione e all’utilizzo dell’intelligenza artificiale in campi di applicazione ben specifici. A questo punto entra in gioco la ricerca moderna sulla IA. Quasi tutti gli ambiti attuali di utilizzo dei robot appartengono al settore della IA cosiddetta debole, seppur oltremodo specializzata; si tratta ad esempio dello sviluppo di automobili a guida autonoma, di diagnostica medica o infine di algoritmi di ricerca intelligenti.
Nell’ambito della IA debole, negli ultimi anni la ricerca ha ottenuto risultati clamorosi. Rispetto alla ricerca su un’intelligenza suprema, l’evoluzione di sistemi intelligenti nei singoli settori si è dimostrata non solo come decisamente praticabile, ma anche priva di difficoltà da un punto di vista etico. I campi di applicazione dell’intelligenza debole sono incredibilmente vari, ma per ora si può affermare con certezza che i settori che vivono il maggior successo in questi termini sono la medicina, la finanza, l’industria dei trasporti, il marketing e naturalmente anche Internet. Alla luce di ciò, si prevede che le tecnologie IA di questo genere invaderanno presto quasi ogni campo della vita umana.
Come funziona l’intelligenza artificiale? Metodologia e storia della IA
Come si descrive dunque la funzionalità dell’intelligenza artificiale? Una IA è da considerarsi efficace se lo è la sua rappresentazione della conoscenza tecnologica. A questo proposito esistono due approcci metodologici: quello classico o simbolico e quello neurale.
- Nell’approccio classico o simbolico l’informazione richiesta viene rappresentata tramite simboli; in questo caso la IA opera per mezzo della cosiddetta manipolazione dei simboli. L’intelligenza artificiale simbolica esegue l’elaborazione di informazioni “dall’alto” e opera usando simboli, connessioni astratte e chiavi logiche.
- Nell’approccio neurale la conoscenza richiamata viene rappresentata tramite i neuroni e le loro connessioni. L’intelligenza artificiale neurale affronta l’elaborazione di informazioni “dal basso” e simula singoli neuroni artificiali, i quali si organizzano in gruppi più grandi e che insieme vanno a costituire una rete neurale.
Intelligenza artificiale classica o simbolica
L’intelligenza classica o simbolica è conosciuta come l’approccio classico della artificial intelligence. Questo approccio, anche detto “approccio top-down”, si basa sull’idea che il pensiero umano sia ricostruibile a partire da un piano logico e concettuale a prescindere dai valori concreti dell’esperienza. Di conseguenza il sapere viene rappresentato con simboli astratti, ai quali appartengono anche il linguaggio scritto e quello fonetico.
Tramite la manipolazione dei simboli i robot imparano a riconoscere, comprendere e utilizzare questi simboli sulla base di algoritmi. Il sistema intelligente estrae le sue informazioni da cosiddetti sistemi esperti. All’interno di questi i simboli e le informazioni vengono catalogate in un modo specifico, di solito secondo la logica del “se-allora”. Il sistema intelligente può attingere a questi database del sapere e confrontare le informazioni ivi salvate con il proprio input.
Gli usi classici della IA simbolica sono l’elaborazione di testi e il riconoscimento linguistico, ma anche altre discipline logiche come il gioco degli scacchi. La IA simbolica funziona secondo regole fisse ed è in grado di risolvere problemi sempre più complessi grazie sempre più crescente performance del computer. Così Deep Blue della IBM vinse nel 1996 la partita di scacchi contro l’allora campione mondiale Garri Kasparow grazie all’aiuto della IA classica.
La struttura di un sistema esperto avviene sulla base di dati che sono muniti di precise regole di elaborazione. Ad esempio:
- Tutti gli alberi sono di legno.
- Il legno è combustibile.
- X è un albero.
- Pertanto X è combustibile.
Quindi il sistema esperto dovrebbe imitare l’apprendimento cognitivo degli esseri umani sulla base di queste connessioni logiche. I sistemi esperti sono quasi sempre limitati a un campo di specializzazione, come ad esempio a un settore specifico della medicina.
La performance della IA dipende in maniera cruciale dalla qualità del sistema esperto. La speranza degli sviluppatori era molto grande: con il progresso della tecnologia anche i sistemi esperti erano in grado di diventare più performanti, rendendo il sogno di un’intelligenza artificiale più concreto. Ma i limiti della IA classica si delineano sempre più chiaramente: difatti non importa quanto sia complesso il sistema esperto, la IA classica rimane comunque sempre proporzionalmente inflessibile. Il sistema, che si basa rigidamente sulle regole, non riesce molto a concepire le eccezioni, la variazione e le informazioni incerte. Inoltre l’approccio classico è in grado di apprendere conoscenze solo in maniera limitata.
Troppo rigido, troppo poco dinamico: la tecnologia non è riuscita a soddisfare le elevate aspettative. Di conseguenza a metà degli anni ’70 iniziò il cosiddetto “inverno della IA” che è perdurato fino a una buona parte degli anni ’80 e che è stato interrotto da nuovi incentivi finanziari: in questo momento di difficoltà la tecnologia ha imboccato un nuovo percorso, ovvero quello dello sviluppo di sistemi di autoapprendimento. Lavorare a reti neurali artificiali riuscì quindi a ridare vita alla ricerca sull’intelligenza artificiale.
Intelligenza artificiale neurale
Il merito della rinascita della ricerca sulla IA neuronale e con essa del campo di ricerca più ampio della artificial intelligence va dato a Geoffrey Hinton e a due suoi colleghi. Nel 1986 hanno gettato insieme le fondamenta del “deep learning” sviluppando l’algoritmo del “backpropagation”, con il quale oggi lavora quasi ogni IA. Grazie a questo algoritmo di apprendimento le reti neurali profonde hanno la capacità di imparare sempre nuove informazioni e di intraprendere un percorso di crescita verso l’autonomia, vincendo sfide in cui la IA classica fallisce.
L’intelligenza artificiale neuronale (conosciuta anche come IA connessionistica o sub-simbolica) prende quindi le distanze dal principio della rappresentazione simbolica della conoscenza. In maniera analoga al cervello umano la conoscenza è invece segmentata in minuscole unità funzionali, i neuroni artificiali, i quali si connettono fino a diventare gruppi sempre più grandi, mettendo in atto il cosiddetto “approccio buttom-up”. Viene dunque a costituirsi una rete di neuroni artificiale che si dirama in molteplici connessioni.
La IA neurale tenta di riproporre il principio funzionale del cervello nella maniera più precisa possibile e di simulare le reti neurali in maniera artificiale. Al contrario della IA classica, la rete neurale si allena: nella robotica, ad esempio, lo fa con dati sensomotori. A partire da queste esperienze la IA genera la sua conoscenza in costante crescita. Ora qui è dove risiede la grande innovazione: l’allenamento comporta sì un certo investimento temporale, tuttavia il sistema riesce poi a essere in grado di apprendere in maniera del tutto autonoma. Per questo motivo si parla di “sistemi di autoapprendimento” o di “apprendimento automatico”. Ciò fa dell’intelligenza artificiale un sistema molto dinamico e adattabile, cosa talvolta non del tutto comprensibile per gli esseri umani.
La struttura di una rete neurale artificiale si basa quasi sempre sugli stessi principi:
- Innumerevoli neuroni artificiali sono stratificati gli uni sugli altri. Essi sono collegati tramite connessioni simulate.
- Al momento nell’applicazione si trovano soprattutto reti neurali profonde. “Profonde” significa che operano con più di due livelli. I livelli intermedi sono posizionati uno sopra l’altro in ordine gerarchico: in alcuni sistemi le informazioni vengono trasmesse verso l’alto tramite milioni di connessioni. Per una migliore comprensione: AlphaGo, di Google DeepMind, dispone di oltre 13 strati intermedi, mentre Inception, di Google, ne ha oltre 22.
- Il livello più alto, detto anche livello di input, funziona come un sensore: esso assorbe l’input, che può essere un testo, un’immagine o un suono, all’interno del sistema. A questo punto l’input viene trasmesso a tutta la rete secondo precisi modelli e viene paragonato con l’input ricevuto precedentemente. La rete viene quindi alimentata e allenata attraverso il livello di input.
- Invece il livello più profondo, conosciuto anche come livello di output, ha normalmente solo pochi neuroni: uno per ogni categoria da classificare (immagine di un cane, immagine di un gatto, e così via). Il livello di output mostra all’utente il risultato della rete neurale e riesce anche a riconoscere l’immagine di un gatto che prima gli era ignoto.
- Esistono tre processi di apprendimento fondamentali con i quali è possibile allenare le reti neurali: apprendimento sorvegliato, non sorvegliato e per rinforzo. Questi procedimenti regolano ognuno diversamente il modo in cui un input conduce a un output desiderato del sistema.
La quantità schiacciante di successi più recenti della IA è da attribuire alle reti neurali. Con le parole d’ordine Deep Learning nella ricerca e innovazione si punta a prestazioni eccezionali dei sistemi di autoapprendimento, che sia nel riconoscimento del linguaggio e della scrittura a mano oppure nella guida autonoma di mezzi. Grazie a reti neurali profonde, nel 2016 AlphaGo di Google DeepMind è riuscito a sconfiggere il giocatore di Go professionista sudcoreano Lee Sedol. Il Go è conosciuto come uno dei giochi da tavolo strategico più complessi del mondo.
Inception di Google, invece, che in origine era stato progettato come sistema in grado di riconoscere le immagini, genera stupefacenti immagini oniriche, che nel 2015 sono diventate virali con l’hashtag #DeepDreams. Questa sorta di effetto collaterale del sistema è stato scoperto accidentalmente dai suoi sviluppatori: stavano infatti cercando di capire come funzionasse esattamente l’intelligenza artificiale che avevano realizzato.
Opportunità e rischi dell’intelligenza artificiale
Dal cieco ottimismo progressista fino allo schietto rifiuto della tecnologia: la tecnologia intelligente provoca reazioni molto varie e contrastanti. Ciò ha soprattutto a che vedere con l’ambivalenza delle previsioni per il futuro su come queste tecnologie cambieranno la nostra vita: le ipotesi sono infatti sia positive che negative. Quali opportunità e rischi sono connessi con l’intelligenza artificiale? Di seguito riassumiamo le affermazioni più importanti degli entusiasti e degli scettici nei confronti della IA.
Opportunità
L’intelligenza artificiale offre tutta una serie di vantaggi e di opportunità. I vantaggi più importanti della tecnologia riguardano il mondo del lavoro, la loro elevata performance e le nuove prospettive economiche che apre.
“L’intelligenza artificiale migliorerà la nostra vita togliendoci progressivamente sempre più rompicapo. Ci farà sempre più spazio per compiti che ci piace svolgere. E rivoluzionerà il mondo del lavoro.”
– tradotto dal tedesco, affermazione pronunciata presso la Fiera dell’IT CeBIT; fonte: http://www.cebit.de/de/news/thema/artificial-intelligence/
I promotori della nuova tecnologia indicano soprattutto le opportunità offerte dall’intelligenza artificiale:
- Nuovi posti di lavoro e alleggerimento delle mansioni La nuova tecnologia potrebbe procurare nuovi posti di lavoro, preziosi perché in generale comporterebbero una crescita economica. Tutti gli esperti sono d’accordo sul fatto che la tecnologia avrà effetti incisivi sul mercato del lavoro. Una commissione della Stanford University ha analizzato l’artificial intelligence riguardo alle sue prospettive future ed è giunta alla conclusione che al momento non è ancora possibile stimare se gli effetti che ricadranno sul mercato del lavoro saranno positivi o piuttosto negativi. Di sicuro molte persone non riusciranno a mantenersi esclusivamente con un lavoro. Per questo motivo proprio i promotori del reddito minimo garantito vedono la tecnologia dell’intelligenza artificiale come una grandissima opportunità: il modello del lavoro tradizionale, retribuito a ore, potrebbe già presto risultare come superato. Anche secondo il cofondatore di Tesla Motors Elon Musk uno dei maggiori vantaggi dell’intelligenza artificiale è proprio quello di creare più tempo libero per le persone.
- Comfort I promotori della IA vedono le opportunità dell’intelligenza artificiale anche nel considerevole comfort che comporta ogni innovazione tecnologica per la vita quotidiana delle persone. Ciò si riferisce sia alle automobili a guida autonoma come anche ai software di traduzione: tali sviluppi comportano un grande sgravio di compiti per i consumatori.
- Un’eccezionale livello di performance Ma anche per le mansioni di uso comune la artificial intelligence mostra vantaggi considerevoli, se non addirittura i maggiori. Del resto, rispetto agli esseri umani, le macchine hanno un tasso di errore più basso e la loro capacità in termini di performance è enorme. Nello specifico nel settore della sanità e della giustizia la poliedricità delle macchine intelligenti è ritenuta molto promettente. Sebbene gli esperti non si aspettino che i giudici in futuro vengano sostituiti completamente dalla tecnologia, la artificial intelligence può comunque venire in aiuto nel riconoscere lo schema di un procedimento in maniera più veloce arrivando a conclusioni oggettive.
- Vantaggi economici Naturalmente la tecnologia promette anche un grande guadagno ai settori economici coinvolti. La International Federation of Robotics (IFR) prevede che fino al 2019 nel mondo saranno venduti 42 milioni di robot di servizio, creando un volume d’affari di ben 22 miliardi di dollari. D’altra parte uno studio della Bank of America Merrill Lynch stima che il volume d’affari dell’industria della IA aumenterà di oltre 150 miliardi di dollari entro il 2020. La artificial intelligence potrebbe portare a un considerevole slancio economico nel settore dell’IT e delle vicine realtà del sistema produttivo, e in questo modo provocherebbe anche un aumento generale del welfare.
- Progetti futuristici Per concludere la artificial intelligence impenna lo stimolo naturale di scoprire dell’essere umano, per questo motivo si lavora al suo sviluppo per l’esplorazione di pozzi di petrolio e per la guida di robot destinati a operare su Marte. Si presume che con il progresso della tecnologia aumenteranno di pari passo anche i campi di applicazione dell’intelligenza artificiale.
Rischi
Tuttavia gli esperti celebri come il fisico Stephen Hawking o l’icona di Silicon Valley Elon Musk avvertono anche sui rischi che cela l’intelligenza artificiale. Queste voci critiche sono supportate da grandi iniziative: ad esempio l’organizzazione per la ricerca e le lobby Future of Life Institute (FLI) mobilita regolarmente critici rinomati per invitare ad avere un rapporto responsabile con la tecnologia.
“Il progresso dell’Intelligenza artificiale, e con essa non mi riferisco all’intelligenza artificiale semplice, è incredibilmente rapido. […] Fintanto che non si è direttamente esposti a gruppi come DeepMind non si può quasi immaginare quanto velocemente si stia evolvendo. È approssimativamente esponenziale. […] Sussiste il rischio che nel giro di cinque anni possa accadere qualcosa di seriamente pericoloso.”
- Elon Musk, cofondatore di Tesla Motor e investitore in IA, tradotto in italiano da un’intervista del 2014 (fonte: http://www.manager-magazin.de/unternehmen/it/tesla-chef-fuerchtet-entwicklung-kuenstlicher-intelligenz-a-1003437.html)
Vengono discussi i seguenti rischi che porta con sé l’intelligenza artificiale:
- Inferiorità dell’essere umano Un ipotetico pericolo che molti temono e che già di frequente è stato oggetto dei filoni fantascientifici, è lo sviluppo di una cosiddetta “super intelligenza”: con questo termine si intende una tecnologia che si ottimizza autonomamente fino a diventare indipendente dall’umanità che l’ha creata. La relazione tra esseri umani e questa tecnologia dotata di un’intelligenza superiore potrebbe quindi diventare problematica; alla fine l’essere umano potrebbe addirittura essere sottomesso dalla tecnologia, o almeno questo è il timore degli scettici. Ma l’ipotesi di un’artificial intelligence deliberatamente malvagia viene pressoché esclusa dai ricercatori. Il rischio effettivo viene visto invece in un’intelligenza artificiale così competente da rendere autonome le sue attività, che potrebbero così diventare dannose nei confronti dell’umanità. Se e quando si arriverà a una tale perdita di controllo sulla tecnologia della IA, non è però ancora chiaro. Il FLI ha pubblicato sul proprio sito web diverse informazioni riguardo a miti e fraintendimenti sul tema della “super intelligenza”.
- Dipendenza dalla tecnologia Altri scettici vedono i rischi della artificial intelligence non tanto nell’inferiorità generale, quanto più in una crescente dipendenza dell’essere umano da sistemi tecnologici. Ad esempio nell’ambito delle forniture mediche, dove si sta già testando l’utilizzo di robot di assistenza, secondo i critici l’essere umano sta diventando sempre più un oggetto sorvegliato da sistemi tecnologici. La persona corre infatti il rischio di dover rinunciare alla propria privacy e all’autodeterminazione. Questi scrupoli non vengono riservati solo al campo della medicina, ma sono rivolti anche alla videosorveglianza supportata dalla IA e agli algoritmi intelligenti in rete.
- Privacy e diffusione del potere Gli algoritmi intelligenti sono in grado di elaborare i dati in maniera sempre più efficiente: una buona notizia soprattutto per il commercio su Internet. Ma secondo i critici lo sviluppo nell’elaborazione dei dati tramite tecnologie IA è sempre più difficile da comprendere e da sorvegliare. Solo le aziende e gli esperti avrebbero invece il controllo, grazie alle competenze tecniche necessarie in loro possesso. Effettivamente questi non rappresentano un rischio esclusivamente per l’intelligenza artificiale, bensì anche per le sfide generali dell’epoca digitale. Ma viste le sorprendenti abilità mostrate dalle tecnologie IA, le voci dei critici aumenteranno sicuramente di numero e di volume.
- Bolla di filtraggio e percezione selettiva L’attivista della rete Eli Pariser indica come ulteriori rischi della artificial intelligence le cosiddette “bolle di filtraggio o di informazione”. La preoccupazione è che se gli algoritmi deviano i contenuti che propongono all’utente, portandolo a cambiare comportamento con i cosiddetti “contenuti personalizzati”, allora la sua visione del mondo è destinata a restringersi sempre di più. L’opinione degli esperti scettici è che le tecnologie IA stimolano la percezione selettiva e rinforzano così una crescente “ideologica distanza tra individui”. Uno studio di Microsoft pubblicato nel 2016 analizza l’allontanamento mentale che si viene a creare rispetto alla possibilità di accesso alle informazioni e che è dovuto alle bolle di filtraggio. I risultati emersi relativizzano però questo rischio dato dall’intelligenza artificiale: lo studio indica che esistono problemi simili anche nel giornalismo tradizionale e l’influenza delle nuove tecnologie è finora documentabile in modo insignificante.
- Influenza e formazione dell’opinione personale Oltre a ciò i critici accusano le tecnologie IA di manovrare miratamente le opinioni pubbliche. Un motivo per il diffondersi di queste affermazioni viene dato da quelle tecnologie che conoscono i propri utenti fin nel più piccolo dettaglio nonché dall’utilizzo di Social Bot, i quali influenzano ciò che la gente pensa. Stando alle critiche, con la crescita dell’intelligenza di queste tecnologie il rischio di un condizionamento dell’opinione diventa sempre più alto.
- Tecnologia delle armi Un altro notevole rischio dell’intelligenza artificiale si riferisce al suo utilizzo nei conflitti armati. Nel 2015 centinaia di ricercatori IA e scienziati membri del FLI hanno messo in guardia contro i sistemi autonomi di armi. Tra i sottoscrittori della protesta c’erano anche Stephen Hawking ed Elon Musk, ma anche il cofondatore di Apple Steve Wozniak e il cofondatore di DeepMind Demis Hassabis. In una lettera aperta richiedevano la proibizione di tecnologie armate basate sulla IA, che avrebbero già presto potuto essere messe in azione “senza un controllo umano serio”. Nella sinistra combinazione di artificial intelligence da una parte e guerra, corsa alle armi e minaccia nucleare dall’altra, viene fatto presente il rischio anche da altre persone.
- Mercato del lavoro I discussi rischi della artificial intelligence nei confronti del mercato del lavoro coinvolgono soprattutto la diminuzione dei posti di lavoro. Gli scettici temono che la tecnologia IA possa rendere gli esseri umani sempre più superflui, che sia tramite un robot che fa le pulizie, il robot che assiste i malati o i sistemi di trasporto a guida autonoma. Nell’ambito della bioetica, ad esempio, si sta discutendo in maniera controversa l’utilizzo di robot per l’assistenza; il timore è che l’assistenza di persone bisognose di cure tramite robot possa condurre a una freddezza sociale, in special modo nelle ultime fasi di vita.
- Algoritmi discriminanti Rispetto all’essere umano la tecnologia fornisce solitamente risultati più neutrali, il che costituisce uno dei molti vantaggi dell’intelligenza artificiale. Tuttavia la tecnologia IA si spinge oltre mostrando sempre più pregiudizi rispetto al genere o all’origine delle persone: nel giro di pochissimo tempo il chatbot Tay di Microsoft utilizzava un linguaggio razzista, le tecnologie di sicurezza classificavano “black neighbourhoods” come quartieri a rischio e infine alcune piattaforme pubblicitarie propongono offerte di lavori pagati meglio agli utenti di sesso maschile. Il problema è ampiamente noto per cui il British Standards Institute ha deciso di pubblicare una versione rielaborata delle linee guida etiche per i robot. Tuttavia queste risultano difficili da applicare sul piano tecnologico, del resto la IA impara autonomamente a partire dall’ambiente in cui è inserita sulla base di processi di apprendimento, che possono essere condizionati da singole persone solo in maniera limitata.
L’intelligenza artificiale nel mondo digitale
Qual è dunque la funzione della artificial intelligence nel mondo digitale? Per prima cosa va constatato che per gli utenti comuni e non esperti l’intelligenza artificiale non è praticamente percepibile. Inoltre molte aziende indietreggiano spaventate all’utilizzo del termine, nonostante i loro prodotti abbiano effettivamente a che fare con la IA. Poiché per quanto sia grande il fascino per la tecnologia intelligente, altrettanto cattiva è la sua reputazione. Spesso, infatti, nella quotidianità i consumatori sono scettici nei confronti dell’intelligenza artificiale. In più risulta difficile affermare quando è possibile classificare come intelligente una prestazione tecnologica: le scorrevoli transizioni delle forme di applicazione e le differenti definizioni dell’intelligenza artificiale creano spesso confusione.
Con la crescente diffusione degli assistenti vocali, sempre più persone si abitueranno all’utilizzo di IA. Tuttavia oltre a ciò nel mondo della rete esiste una moltitudine di applicazioni in cui le tecnologie IA giocano un ruolo determinante. L’elenco degli algoritmi IA e dei programmi che lavorano con la artificial intelligence è lungo. Google domina questo mercato con le sue innovazioni, apparentemente con un vantaggio di sviluppo di due-tre anni rispetto ad altre aziende nel campo IT. Ma come viene integrata esattamente l’intelligenza artificiale nei noti algoritmi di ricerca? E quali effetti ha per l’online marketing e nello specifico sulla SEO? Di seguito trovate esempi di tipiche tecnologie e di programmi innovatori del settore.
Tecnologie e campi d’applicazione
- Apprendimento automatico o machine learning L’Apprendimento automatico significa che un sistema artificiale è in grado di assimilare conoscenze sulla base delle esperienze fatte. Questi dati di apprendimento abilitano il sistema a riconoscere modelli e misure di legalità. Nel machine learning viene utilizzata sia l’intelligenza artificiale classica sia quella neurale.
- Deep Learning Il Deep Learning è una sottoclasse dell’apprendimento automatico che opera esclusivamente con la IA neurale, nello specifico con reti neurali artificiali. Il Deep Learning costituisce le fondamenta della maggior parte delle attuali applicazioni IA.
- Classificazione visiva La si usa per lo sviluppo del riconoscimento di oggetti, volti, simboli e infine testi.
- Classificazione sonora Serve allo sviluppo del riconoscimento vocale e sonoro.
- Social Computing Nel Social Computing vengono analizzati molteplici contenuti online presenti sui social network, giochi online, blog o wiki. A partire dai risultati ottenuti si evincono poi modelli e regole per il comportamento sociale. Per mezzo di Social Computing è possibile sviluppare dei Social Agent artificiali.
- Analisi delle opinioni L’analisi delle opinioni, conosciuto anche come opinion mining o sentiment analysis, definisce i metodi con i quali viene sondato il web alla ricerca di osservazioni circa le opinioni e i sentimenti dell’utente. I dati così ottenuti vengono utilizzati per individuare l’opinione degli utenti rispetto a specifici temi, eventi e personalità. L’opinion mining permette anche di elaborare automaticamente le richieste dei clienti e di risolverle a seconda delle esigenze individuali.
- Servizio di assistenza clienti (telefono, web) e assistenti digitali Nel campo dell’assistenza gli sviluppi della IA giocano un ruolo fondamentale. Nello specifico, i software di riconoscimento vocale lavorano con la artificial intelligence.
- Algoritmi di ricerca L’intelligenza artificiale è uno dei tanti componenti con i quali vengono ottimizzati gli algoritmi di ricerca. La loro importanza per il ranking è in continua crescita.
- Crawler I crawler vengono utilizzati fra le altre cose dai motori di ricerca per sondare il web alla ricerca di informazioni. Sulla base di tali informazioni viene poi costituito un indice. Un crawler apprende dagli esempi e ha quindi la capacità di derivarne conclusioni appropriate.
- Sistemi di visione artificiale La visione artificiale, in inglese machine vision, e nello specifico il riconoscimento del volto, viene di frequente utilizzata nell’ambito della tecnologia per la sicurezza, ovvero nel traffico stradale e nella sorveglianza di luoghi pubblici. Ma anche servizi come Facebook ne fanno uso per riconoscere sempre meglio i propri utenti. Nel frattempo Facebook è in grado di trovare un volto tra milioni di foto nel giro di un secondo, anche se la persona non sta guardando direttamente l’obbiettivo della macchina fotografica.
- Attori virtuali e bot Nello sviluppo di giochi per computer la IA permette di rendere più umane le azioni dei giocatori virtuali. Per la simulazione di azioni umane in rete vengono sviluppati i cosiddetti bot. Nello specifico i social bot agiscono in maniera intelligente ma artificiale.
- Simulazione di gruppo Per mezzo dell’intelligenza artificiale è possibile prevedere i modelli di comportamento complessi dei gruppi di persone. Ciò si utilizza sia per lo sviluppo di giochi di computer sia per le tecnologie destinate alla sicurezza, ma anche nell’analisi di dinamiche virali.
L’intelligenza artificiale non dovrebbe venire scambiata con il web semantico. È vero che le origini del web semantico risalgono alla ricerca IA, ma ad oggi nessuno dei due settori ha a che fare con l’altro.
Programmi, algoritmi e iniziative di ricerca
- RankBrain RankBrain è un algoritmo artificiale di Google che in origine era stato sviluppato per capire meglio le richieste di ricerca più lunghe e ancora sconosciute. Nel 2015 Google ha comunicato che, tra 200 fattori di ranking, RankBrain era il terzo fattore più importante nella ricerca su Google, dopo i link e il content. RankBrain ha quindi una grande influenza sulla SEO.
- DeepMind DeepMind è un’azienda acquisita da Google nel 2014 che ha realizzato numerose tecnologie IA innovative. I suoi progetti, tra cui RankBrain, vengono integrati in differenti applicazioni e algoritmi di Google. Un’ulteriore IA di DeepMind è riuscita a imparare in autonomia le regole di vecchi videogiochi Atari. Inoltre l’azienda ha sviluppato AlphaGo, il programma per computer che replica il gioco da tavolo Go alla perfezione. DeepMind si contraddistingue da un punto di vista tecnologico perché gli sviluppatori non puntano esclusivamente sulle reti neurali, bensì attrezzano le proprie Intelligenze Artificiali con una memoria di breve durata aggiuntiva. In questo modo si tenta di simulare ancora meglio le funzioni mnemoniche umane.
- Inception Inception è una rete di riconoscimento dei volti di Google, che ha imposto nuove unità di misura nell’ambito della visual recognition.
- Siri, Alexa, Cortana & co. L’intelligenza artificiale degli assistenti vocali di Apple, Amazon e Microsoft è già nota alla maggior parte dei consumatori che le utilizza nella vita quotidiana. Per essere più precisi, la funzione vocale degli assistenti ricorre alla tecnologia IA.
- Watson Il software di comunicazione Watson, sviluppato da IMB, è stato ottimizzato per formulare risposte a domande in una lingua naturale. Nel 2011 è apparso sul quiz televisivo “Jeopardy!” dimostrando le sue abilità: ha sconfitto i suoi avversari umani con un vantaggio di 2.500 dollari. Nel frattempo viene utilizzato da aziende sanitarie per studiare i dati delle persone assicurate e per verificare la loro storia medica. Un ulteriore trovata di questa IA: nel 2016 ha generato, in autonomia e sulla base di 100 trailer, un trailer per il film “Morgan”, anch’esso utilizzato ufficialmente nella promozione.
- Cleverbot Il programma di chat basato sul web Cleverbot è in grado di apprendere tramite la comunicazione con le persone. È un programma di messaggistica istantanea open source che nel 2011 è stato classificato dal test di Turing come “umano” per il 59,3 %.
- TensorFlow Il software intelligente viene messo a disposizione gratuitamente da Google a partire dal 2015 per portare avanti progetti di ricerca sull’intelligenza artificiale. Al momento TensorFlow viene utilizzato per diversi prodotti di Google, tra cui il riconoscimento vocale di Google, Gmail e Google Search.
- Facebook AI Research (FAIR)/Torch Facebook agisce in maniera analoga con il suo software open source Torch. Si pensa così di incentivare i metodi di Deep Learning.
- Microsoft Emotion Recognition Il riconoscimento di emozioni di Microsoft è un tool che riconosce le emozioni a partire dalle immagini.
Conseguenze sulla SEO
Le innovazioni dei sistemi di autoapprendimento provvedono ad apportare grandi cambiamenti nel settore di Internet. Con l’acquisto dell’azienda DeepMind, il trendsetter Google ha dimostrato già nel 2014 che un algoritmo di ricerca può specializzarsi ulteriormente nel campo dell’intelligenza artificiale. Di tanto in tanto Google acquista delle start-up attive nella ricerca IA, come le imprese inglesi Vision Factory e Dark Blue Labs, e le integra nel suo team DeepMind.
Finora l’influenza maggiore esercitata dalle iniziative in ambito IA di Google l’ha avuta l’algoritmo intelligente RankBrain. RankBrain, infatti, è stato implementato nel 2015 all’interno dell’algoritmo di ricerca di Google a livello globale grazie alla sua notevole efficienza nel riconoscere le nuove richieste di ricerca. Nel frattempo è uno dei tre fattori più importanti di ranking, assieme ai link e al content, come già accennato sopra. La specialità di RankBrain è quella di convertire le richieste di ricerca basate sul testo in entità matematiche. In questo modo l’intenzione dietro alle richieste di ricerca può venire riconosciuta ancora meglio. Come funzioni esattamente questa intelligenza artificiale rimane tuttavia ignoto.
L’influenza della IA sulla ricerca di Google non potrebbe venir sopravvalutata di più. L’esperto SEO Mark Traphagen cita il suo CEO Sundar Pichai: “Se prima vivevamo in un mondo Mobile First, ora ci stiamo incamminando verso un mondo “AI First”. Intendiamo generare un Google personalizzato per ogni singolo utente” (traduzione della redazione). Un Google individuale, ovvero la personalizzazione completa della ricerca online per mezzo dell’intelligenza artificiale, va a costituire una sfida immensa per la SEO.
L’intelligenza artificiale di RankBrain cataloga le richieste di ricerca convertendo i dati a lei noti in ipotesi e generalità e in seguito applicandoli al rispettivo input. Siccome viene costantemente alimentata con nuovi dati, il suo comportamento vive un continuo cambiamento. Così Google non lavora più con aggiornamenti settimanali prefissati a discrezione umana, bensì ora si affida sempre più a calcoli in tempo reale effettuati da sistemi di autoapprendimento. Se una volta gli algoritmi erano ancora in parte comprensibili, ora ciò è reso più complicato dalla SEO dinamica e personalizzata basata sulla IA.
Il seguente elenco riunisce tutte i principi importanti da ricordare che spiegano il ruolo della artificial intelligence all’interno della SEO. Lavorando nell’ambito SEO il centro dell’attenzione verte sul fatto che, ogni giorno, attraverso la qualità dei siti web, la IA assimila nuove conoscenze che applicherà poi nei ranking futuri a partire dalle esperienze e dai segnali degli utenti. Google sa cosa clicca un utente, quali link utilizza, per quanto tempo rimane su una pagina e quanto è probabile che reagisca a inserzioni pubblicitarie. Le seguenti massime possono essere d’aiuto nella SEO:
1. I segnali degli utenti hanno una rilevanza elevata. D’ora in poi non si tratterà più solamente di click, quanto più di tempo di permanenza su una pagina oppure, secondo alcuni studi, di social signal. In questo contesto sono quattro i fattori determinanti:
- Time on site: ovvero il tempo medio di permanenza su un sito web.
- Bounce rate: il bounce rate è il numero di riferimento per la frequenza di rimbalzo dei lettori. Esso comprende sia le visite brevi su un sito web sia quelle visite in cui vengono richiamate solamente alcune pagine.
- Click Through Rate: il Click Through Rate indica quanto frequentemente vengono cliccati i banner pubblicitari e i link sponsorizzati.
- Social Signals: i segnali sociali sono le azioni come i Mi piace, Condividi e i commenti a un sito web o a un contenuto di una pagina. Sono quindi un indicatore importante per la popolarità dei contenuti web.
2. La semantica prima delle singole keyword. RankBrain è stato originariamente sviluppato per comprendere meglio le domande di ricerca più lunghe e finora sconosciute; di conseguenza Google riesce a interpretare meglio le ricerche di ogni giorno e recepisce meglio le intenzioni dell’utente. La SEO si sposta quindi un’altra volta verso la semantica mentre la classica analisi delle keyword perde di significato. La qualità del contenuto e la rilevanza di un sito web per gli utenti diventano sempre più determinanti per un buon ranking.
3. Google riconosce la soddisfazione degli utenti. Google valuta i segnali che arrivano dagli utenti e classifica quindi la qualità del sito web in maniera ancora più precisa di quanto non facessero gli algoritmi di ricerca di RankBrain. È quindi sempre più importante occuparsi di garantire un’usabilità elevata. Per raggiungere un alto grado di usabilità sono fondamentali dei testi comprensibili e un link building intelligente. Anche la velocità del caricamento della pagina è determinante per la soddisfazione e il tempo medio di permanenza sul sito web dell’utente. Particolarmente importante è inoltre il menu di navigazione: sia gli utenti sia la IA devono poterlo utilizzare senza incontrare difficoltà. In sintesi è richiesta non solo la perfezione da un punto di vista contenutistico, ma anche da un punto di vista tecnico.
4. Accelerate un online marketing applicabile a tutti i settori. Più è grande un’impresa e più investe nella sua presenza online, più grande è anche il team di online marketer e esperti SEO, specialisti di social media e manager dell’usabilità. Se si intende reagire alle novità dell’intelligenza artificiale in maniera appropriata, allora è indispensabile collaborare.
Nonostante i ranking diventino sempre più flessibili, la buona notizia è che per l’ottimizzazione per i motori di ricerca non cambia alcunché. Infatti basarsi esclusivamente sulle keyword è da tempo non più considerato l’unica misura per una SEO di successo. Difatti negli ultimi anni il settore ha già provvisto a mettere in primo piano la soddisfazione dell’utente, perché il target deve avere piacere di visitare il proprio sito web possibilmente spesso e volentieri.
Il funzionamento dell’intelligenza artificiale nei confronti del ranking sui motori di ricerca non si differenzia molto dai classici algoritmi. Gli algoritmi basati sulla IA non lavorano per forza in maniera diversa ma sono soprattutto più efficienti e più precisi: registrano più di quello che è effettivamente rilevante per gli utenti. Le strategie SEO esistenti non dovrebbero venire accantonate, bensì compensate con maggiore competenza.
Per concludere rimane solamente da aggiungere che nel 2016 cinque giganti digitali della Silicon Valley (Google, Amazon, Facebook, IBM e Microsoft) si sono riuniti per dedicarsi alla ricerca sull’intelligenza artificiale. Questa notizia è un’immediata fonte di allarmismo per i consumatori sensibili al tema della privacy, visto che queste aziende dispongono pur sempre della maggior parte dei dati globali. Ma la cooperazione si impegna soprattutto allo sviluppo di linee guida etiche nel rapporto con l’intelligenza artificiale. E la necessità di gettare le fondamenta etiche comuni nell’ambito della artificial intelligence è indiscutibile. Guidare gli sviluppi della tecnologia artificiale verso orizzonti proficui potrebbe essere il compito sociale principale che si prospetta per gli anni e i decenni a venire.