Il termine comprende modelli di business, piattaforme online e offline e comunità in cui l’utente ha la possibilità condividere beni, servizi e informazioni. Invece del possesso di qualcosa, è il suo utilizzo ad essere in primo piano.
Quasi in tutte le case italiane, ad esempio, c’è un trapano, nonostante venga utilizzato appena qualche minuto all’anno. L’idea, quindi, è di mettere quel trapano a disposizione di altri tuttofare, quando non serve. In questo modo i prodotti sono costantemente utilizzati e le risorse necessarie alla produzione di innumerevoli nuovi trapani risparmiate. Lo stesso principio può essere trasposto anche ad automobili, spazi abitativi e persino ai media. Prestare è il nuovo comprare e la sharing economy rende il tutto notevolmente più facile.
Internet ha alimentato la voglia di condividere fin dalle sue origini: Wikipedia funziona solo perché gli utenti condividono il proprio sapere con gli altri e creano nuovi contenuti. Ma l’utilizzo condiviso di beni materiali e immateriali ha preso veramente piede solo con l’avvento degli smartphone e di connessioni di dati mobili performanti. Oggigiorno nel giro di qualche secondo, grazie a specifiche app, è possibile noleggiare un’automobile o una bicicletta, o ancora trovare un esperto in grado di offrire consulenze e condividere il suo sapere o la sua forza lavoro.